Dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, Zuckerberg aggiorna l’algoritmo per selezionare le fonti dei media più attendibili

Le parole di Guy Verhofstadt all’udienza del 22 maggio di Mark Zuckerberg al Parlamento Europeo hanno rappresentato una call to action per il fondatore di Facebook. Alla domanda del capogruppo dei liberali e democratici europei, «Vuole essere ricordato come Steve Jobs e Bill Gates o come il creatore di un mostro digitale?», la risposta del giovane imprenditore è stata immediata e ha riguardato uno dei problemi emersi dallo scandalo: la diffusione di fake news.

Partiamo dai fatti. Cambridge Analytica, con la creazione di profili falsi, diffondeva notizie, molto spesso “bufale”, utilizzate per la campagna elettorale di Donald Trump del 2016, sfruttando le conoscenze ottenute dai dati raccolti di 87 milioni persone.

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Già avviato da Gennaio negli USA, dal 2 luglio l’algoritmo di Zuckerberg garantisce anche in Italia una maggior diffusione di notizie affidabili, tramite un sondaggio posto a un campione di utenti. Le domande a cui dovranno rispondere anche alcuni utenti italiani selezionati saranno due: «Conosci questo sito?» e «Quanto lo ritieni affidabile?». I post dei siti ritenuti attendibili verranno visualizzati per primi, con lo scopo di ridurre la diffusione di informazioni non corrette.

Ovviamente l’algoritmo di Facebook continuerà a dar maggior spazio ai post con maggiori condivisioni e link, ma inizia a esserci maggior sensibilità per quanto riguarda la condivisione di fatti e notizie vere.

Il caso Cambridge Analytica è esploso in un periodo caratterizzato dalla post-verità, ovvero un contesto sociopolitico e culturale in cui l’argomentazione e le narrazioni si ritrovano a essere scollegate dalla realtà e dai dati di fatto, con l’esclusivo obiettivo di creare consenso grazie a una percezione distorta della realtà da parte dei cittadini.

Le dure parole di Verhofstadt al parlamento europeo risultano alquanto significative, perché non accusa Mark Zuckerberg di aver creato un mostro, ma gli fa capire che ha la possibilità di entrare nell’olimpo della storia dell’informatica con Steve Jobs e Bill Gates.

Il problema non è Facebook, perché di fatto risulta essere solo un mezzo mediale e se oggi per alcuni sembra uno strumento di manipolazione politica, in realtà esso potrebbe essere un potenziale per le nostre democrazie: continuando l’ottica del world wide web, contribuisce alla diffusione e gli scambi di idee e opinioni in modo gratuito e facilmente accessibile, garantendo anche un contatto diretto fra politica e popolazione.

L’aggiornamento operato da Zuckerberg, nonostante Facebook mantenga tutti i suoi forti limiti, sicuramente intraprende una migliore direzione. Resta opportuno operare anche sull’altro fronte: educare i cittadini a un corretto rapporto con l’informazione, soprattutto se sono proprio questi a rispondere a questionari sull’affidabilità delle notizie.

Andrea Simioni

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