Sostenibilità

Fusione in bottiglia energia con le bollicine

di 5 Maggio 2003No Comments

Piccole bolle esplodono. E provocano una fusione nucleare “in bottiglia”. Nel numero di Science che sarà in edicola il prossimo venerdì, un gruppo di ricerca russo-americano riferisce di essere riuscito ad ottenere all’interno di una soluzione di acetone contenente atomi di deuterio l’implosione di microscopiche bolle che ha prodotto emissioni nucleari simili a quelle della fusione nucleare, sviluppando all’interno delle bolle temperature prossime ai 10 milioni di gradi Kelvin, vale a dire un calore analogo a quello che esiste al centro del Sole. Le temperature sono evidentemente troppo elevate perché si possa parlare dell’agognatissima “fusione fredda”, ma se l’esperimento sarà confermato, si tratta un gigantesco passo in avanti verso la possibilità di ottenere energia nucleare pulita, sicura e attingendo a combustibili abbondanti e disponibili in ogni parte del mondo: in pratica, l’energia del futuro.
Rusi Taleyarkhan, dell’Accademia Russa delle Scienze, (che ha lavorato all’Oak Ridge National Laboratory del Tennessee) e i suoi colleghi del Rensselaer Polytechnic Institute di Troy, New York, hanno lavorato su piccole strutture di laboratorio, vera e propria “fisica da bancone”, e la loro straordinaria reazione è avvenuta all’interno di un contenitore che descrivono come “grande quanto tre tazze da caffè una sopra l’altra”. I ricercatori hanno realizzato un particolare tipo di acetone, sostituendo gli atomi dell’idrogeno contenuti nella molecola dell’acetone con atomi di deuterio (che è uno degli isotopi pesanti dell’idrogeno). Dopo aver raffreddato il liquido fino a 0 gradi, hanno “seminato” nella soluzione, con un impulso di neutroni, bollicine piccole quanto il punto alla fine di questa frase, e poi hanno utilizzato un’onda sonora per farle crescere velocemente subito prima dell’implosione. Il risultato sono state bollicine stabili che si sono espanse fino a 1 millimetro di diametro, per poi collassare generando quelli che i ricercatori definiscono come “promettenti segni di fusione”: la produzione di trizio, un altro isotopo dell’idrogeno, e l’emissione di neutroni ad alta energia.
Presentato con grande cautela dagli stessi ricercatori, che sottolineano come la loro “fusione a bolle” sia ben lontana da qualunque applicazione commerciale, l’esperimento non è ancora stato replicato in nessun altro laboratorio e deve quindi essere considerato ancora come un risultato ipotetico. Vale la pena di ricordare lo scandalo suscitato nel 1989 da due scienziati americani, Fleischman e Pons, che, dopo aver occupato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo annunciando di essere riusciti ad ottenere la fusione fredda, caddero in disgrazia quando nessuno riuscì a riprodurre i loro risultati.
Indiscutibile, invece, che la conquista della fusione nucleare sia una delle mete più agognate della fisica moderna, per cui sono già stati spesi miliardi e miliardi di dollari. Al contrario della fissione, (quella utilizzata nei reattori delle attuali centrali ad energia atomica e nella costruzione di bombe), in cui l’energia viene sprigionata spezzando nuclei atomici pesanti in nuclei più leggeri, nella fusione sono due nuclei leggeri a fondersi fino a ottenere nuclei pesanti, generando grandi quantità di energia grazie al cosiddetto “difetto di massa”: quando i due atomi si fondono, la loro massa non è pari alla somma delle masse dei due nuclei, ma minore, e la materia si converte appunto in energia. E’ la fusione nucleare a permettere al Sole di bruciare, ma finora nessuno è mai riuscito a riprodurre sulla terra le temperature e le pressioni elevatissime necessarie a contrastare il fatto che, poiché i nuclei sono carichi positivamente, quando si mettono uno vicino all’altro tendono a respingersi e non a fondersi.

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Manila Antinori

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