Con oltre 4,2 milioni di tonnellate raccolte nel 2010, l’umido rappresenta il 36% della nostra raccolta differenziata – più dei settori tradizionali (carta, vetro e plastica) – e il trend è in costante crescita. Lombardia e Veneto sono le Regioni in cui si recupera più umido e in Campania si registra l’indice di crescita più alto. E si stima che per il 2011 il settore della raccolta dell’umido abbia già trattato 4,5 milioni di tonnellate, raggiungendo così il 40% di tutta la raccolta differenziata in Italia.

Sono questi, in sintesi, i numeri del settore del compostaggio, ovvero il comparto industriale del recupero delle frazioni organiche, presentati ieri a Roma dal Consorzio Italiano Compostatori (CIC), in occasione del primo ventennale del comparto stesso. Nel solo periodo 2009/2010 il quantitativo di rifiuti organici trattati è cresciuto di quasi 350.000 tonnellate (+15%), mentre lo scarto verde è aumentato di circa 110.000 tonnellate (+7%).

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Il CIC è una struttura senza fini di lucro che collabora con gli Enti pubblici preposti per legge a promuovere e perseguire la politica di riduzione dei rifiuti, l’attuazione della raccolta differenziata per la separazione, lavorazione, riciclaggio e valorizzazione delle biomasse ed, in genere, delle frazioni organiche compostabili. Negli impianti di compostaggio vengono trattate diverse tipologie di rifiuti, così suddivise: frazione umida (45,8% del totale), verde (34,6%), fanghi (11,5%) e altri rifiuti dell’agroindustria (8,1%).

La crescita di questo settore è principalmente legata alla diffusione delle raccolte differenziate: la Campania rappresenta la Regione in cui la raccolta dell’umido è cresciuta maggiormente (+87.500 tonnellate in un anno), mentre in Emilia Romagna si registra il maggior aumento della raccolta degli scarti verdi (+36.200 tonnellate in un anno).

Le Regioni che trattano la maggior quantità di scarto umido e verde sono la Lombardia (879.000 tonnellate), il Veneto (762.000) e l’Emilia-Romagna (497.000) che ormai da tempo hanno avviato questo tipo di raccolte differenziate. A livello di macro-aree si conferma, anche per il settore del compostaggio, un’Italia a due velocità con il Nord che tratta ben 2.750.000 tonnellate di rifiuti, e con il Centro (733.00) e il Sud (677.000) nettamente staccati, ma- tuttavia – in costante crescita.

Proiettando nell’immediato futuro il trend di sviluppo degli ultimi 10 anni, si stima che nel 2020 si raccoglieranno oltre 6,5 milioni di tonnellate di umido, pari a 109 kg/pro capite (mentre oggi siamo a circa 68 kg/pro capite). Nel giro di quasi 20 anni (dal 1993 a oggi) in Italia si è sviluppato e consolidato un sistema industriale dedicato alla trasformazione dello scarto organico, che oggi conta 257 impianti di compostaggio operativi. di cui 199 con una potenzialità superiore alle 1.000 tonnellate/anno. Gli impianti sono localizzati per il 65% al Nord, il 16% al Centro e per il 19% Sud.

In 20 anni, spiega David Newman, direttore del Cic, ”sono state trattate circa 42 milioni di tonnellate di scarti organici (pari a quasi 1,5 volte la produzione italiana di rifiuti urbani in un anno). Per dare un’idea concreta, la raccolta differenziata e il compostaggio degli scarti umidi determinano ogni anno una riduzione della quantità di rifiuti in discarica pari a quella necessaria riempire l’intero Colosseo di Roma (oppure 8 volte il Duomo di Milano)”.

Negli impianti di compostaggio vengono prodotti, in un anno, 1.400.000 tonnellate di fertilizzanti organici che hanno la funzione di migliorare la qualità del suolo, consentendogli di ristabilire la propria fertilità. Più del 70% del compost di qualità viene impiegato in agricoltura, mentre il restante 30% è trasformato in prodotti per il giardinaggio/florovivaismo e per le opere di recupero paesaggistico. L’utilizzo del compost, oltre a ridurre la quantità di scarti da destinare a discarica o ad incenerimento, consente un minor impiego di fertilizzanti minerali, derivanti da risorse non rinnovabili.

Il giro d’affari del settore, oggi, è quantificabile in 390 milioni di euro/anno, con una forza lavoro di circa 2.500 lavoratori, ai quali va aggiunto un indotto di 500 addetti tra assistenza tecnica, agronomica e di laboratorio.

Fonte: AdnKronos

 

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