Il rapporto Unicef e OMS rivela che il 33% della popolazione mondiale non ha accesso all’acqua. Ma è davvero così?

Il rapporto Unicef e OMS pubblicato lo scorso 17 giugno dice che 1/3 della popolazione mondiale non ha accesso all’acqua. E, se ce l’ha, si tratta di acqua non pulita e, dunque, non potabile. Il che determina un aumento della diffusione delle malattie come il colera.

Ma analizzando alcuni dati si scopre che la situazione non è proprio così (tanto) drammatica. Secondo il documento States of the Future, oggi ben il 90% del mondo ha accesso all’acqua potabile di qualità migliorata. In particolare, c’è stato un effettivo incremento della popolazione con questo tipo di accesso: si è passati, infatti, dall’80,58% del 1997 all’86,71% del 2007 e al 91,96% del 2017. In prospettiva (nel 2027), l’aumento del numero di persone con accesso all’acqua potabile di buona qualità sarà pari al 95,89%. Insomma, dati incoraggianti per il futuro.

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E l’Italia?

Altri dati sostanzialmente positivi li fornisce l’I.S.P.R.A., l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. A livello ecologico, nonostante solo il 20% dei laghi soddisfa i requisiti di qualità per l’acqua, il 38% dei fiumi è caratterizzato da un’acqua qualitativamente buona e il 5% di qualità elevata. Per quanto riguarda lo stato chimico, ben il 75% dei fiumi è caratterizzato da uno stato buono così come è di stato chimico buono il 57,6% delle acque sotterranee. Inoltre, a Reggio Emilia è presente già un depuratore sito a Mancasale, in grado di rendere l’acqua completamente potabile, recuperando così ben 5,5 milioni di metri cubi.

Altre buone notizie provengono dall’estero.

Lo Stato della Namibia, infatti, è riuscito a fronteggiare la scarsità idrica che lo caratterizza. Dopo aver depurato l’acqua fino a renderla potabile, questo Stato è riuscito dal lontano 1969 a rifornire le riserve di acqua potabile, trattando il 35% delle acque reflue. Secondo quanto riportato dall’UN-Water e l’Unesco, però, ciò che blocca un loro utilizzo come acqua potabile è la resistenza delle persone a bere acque che, prima di diventare potabili, erano imbevibili. Comunque, una volta depurate, le acque reflue possono essere così trasformate da problema (in quanto, se non depurate, determinano l’inquinamento del suolo e di altre acque, come il mare) a risorsa. Da utilizzare, ad esempio, in agricoltura.

A questo proposito, è presente addirittura il testo del 12 febbraio 2019 approvato dal Parlamento Europeo incentrato proprio sul riutilizzo delle acque reflue depurate in agricoltura per fronteggiare la scarsità d’acqua presente in Europa. In questo modo si potrebbe ottenere un risparmio idrico tramite l’utilizzo di tecnologie efficienti, con un impatto ambientale minore rispetto ad altri modi per ottenere acqua pulita, quali la desalinizzazione del mare e il trasferimento d’acqua. Inoltre, sarebbe così possibile recuperare nutrienti dalle acque reflue da utilizzare in campo agricolo o forestale.

Insomma, la situazione non è proprio così tanto drammatica da affrontare. I segnali e i margini di miglioramento ci sono. Scopri quali altre soluzioni sono state messe in campo per risolvere il problema dell’acqua potabile.

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Dario Portaccio

Dario Portaccio

Laureato in Informazione, Editoria e Giornalismo, oggi collaboro con BuoneNotizie.it grazie al percorso di formazione biennale dell'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo, con cui sono diventato giornalista pubblicista.

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