E’ stato siglato di recente, il 4 luglio scorso, a Roma un Accordo di cooperazione tra l’”Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” (ANBSC) e il Corpo Forestale dello Stato. Una collaborazione di estrema importanza, che ha lo scopo di agevolare l’operato dell’Agenzia nel gestire e controllare le proprietà sequestrate alla criminalità organizzata che si trovano in zone impervie, montane e rurali.

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Grazie a tale Accordo ci sarà un potenziamento delle risorse e degli strumenti a servizio dell’Agenzia (attiva, a tutti gli effetti, dal 15 marzo 2010) nel controllo dei beni confiscati alle mafie, ma soprattutto nel periodo successivo al sequestro.

Infatti, la Guardia Forestale metterà a disposizione dell’Agenzia le proprie competenze tecniche e di investigazione per l’individuazione e la valutazione dei beni oggetto della confisca e svolgerà un’attività di osservazione costante delle strutture confiscate situate nelle aree montane e rurali, per evitare abusi e usi illeciti.

L’Agenzia potrà anche avvalersi del sistema informatico del Corpo Forestale dello Stato, “denominato Sistema Informativo della Montagna”, per facilitare la catalogazione dei beni nelle aree rurali o montane sottoposti a sequestro o confisca. L’Agenzia, inoltre, potrà anche decidere che alcune delle strutture confiscate vengano assegnate proprio alla Guardia Forestale.

Un altro importante passo in avanti nella lotta alla mafia, quindi, è stato fatto. Perché i beni immobili che i clan possiedono, in gran parte d’Italia, rappresenta il loro potere di fronte alla società e, soprattutto, di fronte alle istituzioni. Ville, appartamenti, aziende, edifici e terreni sono l’emblema di un impero oramai non più limitato alle sole regioni del Sud, ma che ha diffuso i propri interessi a tutto il territorio nazionale – e anche a livello internazionale.

Per questo motivo, la confisca dei beni di proprietà della criminalità organizzata, introdotta con la Legge n. 109 del 7 marzo 1996, fortemente voluta in seguito alle stragi del ‘92, si è dimostrata un ottimo strumento per infliggere duri colpi ai clan mafiosi.

Ma la sconfitta maggiore inferta alla criminalità è rappresentata dall’utilizzo a cui questi edifici vengono destinati: la Legge prevede, infatti, che i beni immobili confiscati alle mafie siano restituiti alla collettività, che ingiustamente e illegalmente se li è visti sottrarre, affinché vengano utilizzati a fini sociali o istituzionali.

Da oltre 15 anni migliaia di strutture, per un valore di milioni e milioni di euro, sono state “riportate alla vita” e riutilizzate come scuole, asili, centri di recupero e di assistenza, nei quali persone di qualsiasi provenienza ricominciano una vita che magari proprio la mafia aveva distrutto.

“Il protocollo d’intesa sottoscritto con il Corpo forestale dello Stato”, ha affermato il Direttore dell’ANBSC, Prefetto Giuseppe Caruso, “costituisce un’ulteriore, grande opportunità nella lotta alla criminalità organizzata, mediante l’aggressione ai beni patrimoniali illecitamente acquisititi e il loro utilizzo anche per fini sociali. La specializzazione del Corpo forestale potrà essere di fondamentale supporto sia per le risorse disponibili dell’Agenzia nazionale, sia per tutti i Nuclei di supporto operanti presso le Prefetture dell’intero territorio nazionale”.

Questo recentissimo Accordo tra ANBSC e Corpo Forestale, quindi, si affianca all’ottimo lavoro svolto negli ultimi anni dalle Istituzioni e dalla Forze dell’ordine e va a consolidare gli enormi e positivi risultati ottenuti nella lotta alla mafia.

 

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