Le sempre più allarmanti evidenze in merito alla contaminazione dei terreni agricoli ed industriali campani, forieri di pericolo per la salute di diversi prodotti agroalimentari della stessa regione, hanno spinto ieri il governo a prendere delle drastiche e concrete misure di intervento su questa annosa questione.

Oggi, per la prima volta, le istituzioni nazionali, il governo, lo stato nel suo complesso affronta l’emergenza terra dei fuochi“. Con queste parole, un Enrico Letta soddisfatto e vagamente commosso, annuncia l’approvazione del piano d’azione, già divenuto decreto legge, per l’emergenza della cosiddetta “terra dei fuochi” e altre emergenze ambientali e industriali – tra cui anche quella relativa all’Ilva-.

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Il piano, attuato in stretta collaborazione con la Regione Campania, darà un forte segnale della presenza del Governo sulla questione della tutela della salute, dell’ambiente, e della qualità delle coltivazioni campane attraverso il monitoraggio, la classificazione, la bonifica (laddove necessario) dei suoli a forte condizionamento criminale (operazione per la quale il governo ha detto di voler stanziare ingenti risorse economiche), l’accertamento dello stato d’inquinamento dei terreni, la riforma dei reati ambientali, l’accelerazione e la semplificazione degli interventi necessari.

Verranno  condotte delle indagini tecniche per la mappatura del suolo che saranno affidate ad una serie di enti accreditati ed ufficiali tra cui il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), l’Istituto superiore di sanità e l’Agenzia regionale per la protezione ambientale in Campania (Arpa Campania), i quali agiranno nel rispetto degli indirizzi e delle disposizioni di legge.

I risultati scientifici consentiranno di perimetrare definitivamente i terreni, così da sfatare (o intervenire quanto più tempestivamente possibile)  i timori in merito alla contaminazione dei terreni destinati all’agroalimentare e della produzione campana. Attraverso questo strumento normativo si intende coordinare tutti i dati conoscitivi già a disposizione di vari soggetti e che necessitano di essere unificati e messi in rete. 
Indispensabile sarà il supporto dei proprietari dei terreni che dovranno collaborare con gli enti di ricerca e le istituzioni, consentendo l’accesso nei terreni stessi per le indagini scientifiche (pena l’inserimento nella lista “no food”).

Altra novità del decreto è l’introduzione del reato di combustione illecita di rifiuti. Chiunque appiccherà dei roghi tossici (fino ad oggi perseguibile solo con contravvenzioni) ovvero con dei rifiuti abbandonati in maniera incontrollata in aree non autorizzate, sarà punito con il carcere da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica invece la pena della reclusione da tre a sei anni. Pena aumentata di un terzo se i delitti sono commessi nell’ambito dell’attività di un’impresa, o comunque di un’attività organizzata.

Dal Consiglio dei ministri fanno sapere che “la necessità dell’incriminazione deriva dall’inadeguatezza dell’attuale sistema sanzionatorio che inquadra l’illecita combustione di rifiuti tra le sanzioni prive – nella sostanza e nella prassi applicativa – di rilevanza penale”. Le incriminazioni mirano a colpire (anche attraverso la confisca obbligatoria del mezzo utilizzato per la commissione del reato) il preoccupante fenomeno, al quale conseguono immediati danni all’ambiente ed alla salute umana, con la dispersione in atmosfera dei residui della combustione, incluso il rischio di ricadute al suolo di diossine.

Infine con il piano di risanamento ambientale (Aia), si prevede che lo stesso vada ulteriormente finanziato attingendo alle risorse finanziarie personali del proprietario dell’impresa commissariata. 
Si prevedono inoltre particolari norme di semplificazione e accelerazione procedimentale per la realizzazione degli interventi necessari all’attuazione dell’Aia.

 

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