Come meglio celebrare il ricordo di Paolo Borsellino, il magistrato ucciso dalla mafia 22 anni fa il 19 luglio, se non raccontando storie che, proprio dalle ceneri della malavita, sono riuscite a costruire  iniziative e aziende non solo economicamente floride, ma profondamente orientata alla legalità.

Siamo a Trapani, alla “Calcestruzzi Ericina”, una cooperativa sorta su un terreno confiscato alla mafia. Qui le visite delle scolaresche “fioccano” letteralmente. Fra i bambini che ascoltano la storia dello stabilimento ce n’è uno che è più curioso e stupito degli altri. “E quindi tutto questo prima era della mafia?” Qualcuno gli risponde di sì: certo, la mafia qui spadroneggiava tranquilla fino al giorno in cui è intervenuto lo Stato. Il bambino ascolta con gli occhi spalancati, come se si parlasse di magia, poi esclama, ammirato: “Davvero? Che forza che ha lo Stato!” Jole Garuti – portavoce dell’associazione “Saveria Antiochia Omicron” racconta l’episodio senza commentarlo e sembra un po’commossa. D’altra parte ha ragione: l’aneddoto parla da sé.

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Quello della “Calcestruzzi Ericina” è solo uno dei numerosi casi di “legalità ritrovata”: una delle tante storie a lieto fine nel corso del lungo braccio di ferro fra lo Stato e la Mafia. O “le mafie”, bisognerebbe forse dire, tenendo conto dell’ormai ovvia globalizzazione del fenomeno mafioso. Di tutto questo si è anche parlato lo scorso anno al Salone del Csr e dell’Innovazione Sociale, dove rappresentanti di “Coop Lombardia” e dell’associazione “Saveria Antiochia Omicron” si sono confrontati nel corso del convegno “Legalità, sviluppo economico, beni confiscati alle mafie”. Punto in comune: una visione aggiornata della mafia, in parte meno cupa e fatalista rispetto a quella prevalsa negli anni Novanta, in parte cosciente della necessità di sdoganare la  comune concezione regionalista che riassume il fenomeno mafioso nell’ormai obsoleto binomio “mafia = Sicilia”.

Poche parole, molti fatti e parecchi dati alla mano: non c’è ombra di retorica nel bilancio presentato da “Coop Lombardia”, che ha avviato un consistente progetto di collaborazione con l’associazione “Libera Terra” di Don Ciotti finanziando campi estivi  sulle terre confiscate alla mafia, puntando attivamente sul territorio di Castelvetrano attraverso la fondazione dell’agenzia “Cooperare con Libera Terra” . Quello di “Coop Lombardia” mira a essere un intervento ad ampio raggio, che punta a modificare la percezione dei beni confiscati trasformandoli in luoghi di esperienza imprenditoriale oltre che di memoria.

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Diverso e complementare è l’approccio al problema mafioso sviluppato dall’associazione “Saveria Antiochia Omicron” che da sette anni a questa parte ingaggia una battaglia su due fronti, partecipando a bandi e progetti europei relativi ai beni confiscati (tema scottante, visto che ad oggi solo il 10% delle aziende strappate alla mafia riesce a sopravvivere) e cercando – allo stesso tempo – di creare consapevolezza in Europa e in Nord Italia sul tema della colonizzazione delle mafie. “Il punto di partenza sono i giovani, – spiega Jole Garuti – è da loro che occorre partire. Quella che noi cerchiamo di promuovere è una formazione a lungo termine basata su esempi a lieto fine di personaggi che hanno lottato contro il potere mafioso senza rimanere uccisi.”

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Martina Fragale

Martina Fragale

Giornalista pubblicista dal 2013 grazie alla collaborazione con BuoneNotizie.it, di cui oggi sono direttrice. Mi occupo di temi legati all’Artico e ai cambiamenti climatici; come docente tengo corsi per l’Ordine dei Giornalisti e collaboro con l’Università Statale di Milano.

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