Terremoto in Cile. Non è una novità, ma questo è stato davvero forte: una magnitudo 8.3, poco meno rispetto agli orrifici 8.8 che avevano scosso il paese alle fondamenta, appena 5 anni fa. Sui media già infuriano le statistiche, che collocano il sisma cileno tra i terremoti più forti di sempre. Eppure, benché ovviamente sia presto per rilevare dati definitivi (per ora si registra un numero di morti pari a 5), un confronto tra i danni provocati dal sisma cileno del 2010 e quelli causati dal terremoto avvenuto nel 2012 in Emilia, lascia emergere un’interessante verità di fondo: un terremoto in Cile di magnitudo 8.8, provoca danni inferiori rispetto a quelli causati da un sisma che sfiora appena i 6 gradi di magnitudo in Italia. Questo per diversi motivi, che riguardano la proporzione del patrimonio storico e la diversa incidenza dell’ingegneria sismica, ma non solo.

Nella macabra Top 10 dei terremoti (registrati!) più forti di tutti i tempi, è sempre il Cile a occupare il primo posto. Nel maggio del 1960, da Valdivia partì una scossa terrificante: 9.5 gradi di magnitudo che misero in ginocchio il paese. Come pietra di paragone, ricordiamo che il devastante e tristemente noto terremoto che sconvolse Sumatra nel 2004, il giorno dopo Natale, era di 9.3 gradi.

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Il sisma cileno del ’60 fu una calamità di proporzioni enormi, ma rappresentò anche l’inizio di un radicale cambiamento: la rilevanza dei danni stimolò i progressi e un uso diffuso dell’ingegneria sismica, che nel giro di qualche decennio avrebbe rivoluzionato il volto del paese. In Cile si costruisce moltissimo, ma è impossibile farlo in modo indiscriminato: le costruzioni di nuova fattura devono infatti rispettare obbligatoriamente determinate norme antisismiche. Un metodo particolarmente diffuso, per esempio, è quello dell’isolamento sismico alla base: una tecnica tutt’altro che nuova, se si pensa che furono gli antichi Greci a iniziare a utilizzarla – embrionalmente, si intende – per la costruzione di alcuni templi.

Ma il Cile ha anche qualcos’altro che gioca a suo favore: qualcosa che non ha nulla a che vedere con i progressi dell’ingegneria sismica. Il terremoto di ieri ha scosso Santiago verso le otto di sera: l’ora in cui le famiglie si riuniscono per la cena (o più spesso per la once). Qualcuno, che si è trovato shakerato all’ultimo piano di un palazzo, senza che però l’abitazione subisse danni irreparabili, ha semplicemente aspettato che passasse il peggio, dopodiché è sceso alla ricerca di un ristorante per continuare la cena. Non proprio come se nulla fosse, ma quasi. Questo atteggiamento, che da noi potrebbe sembrare bizzarro, è invece totalmente normale in un paese in cui terremoti e tremblores si succedono senza pietà. Il perché di questa colossale differenza di atteggiamento mentale ha un nome piuttosto noto in psicologia: resilienza o – nel caso del Cile – resilienza di gruppo. Si tratta in pratica della capacità di far fronte in maniera costruttiva a eventi traumatici. Ottimismo? Non proprio: non si tratta di essere naif o di vedere la vie en rose, ma di affrontare un momento critico con un misto di lucidità e spirito proattivo.

Il terremoto per noi è quasi come l’acqua per il pesce. Abbiamo sempre qualche movimento di terra. D’altronde, la Terra si muove ovunque, gira su se stessa, gira intorno al Sole, non è mai quieta… se c’è qualcosa di cui forse noi cileni abbiamo coscienza è dei movimenti della Terra che, come una nave in transito, non si ferma mai – spiegava tre anni fa Pia Figueroa, cilena, direttrice dell’agenzia stampa ‘Pressenza’ – Il terremoto, come la morte, non avverte. Arriva soltanto: bisogna quindi essere sempre pronti“. Una filosofia di vita – ma anche di morte – che dice molto a proposito di Chilito lindo, il piccolo paese ‘del mondo alla fine del mondo’ che è non solo tanto bello, ma anche tanto forte.

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Martina Fragale

Martina Fragale

Giornalista pubblicista dal 2013 grazie alla collaborazione con BuoneNotizie.it, di cui oggi sono direttrice. Mi occupo di temi legati all’Artico e ai cambiamenti climatici; come docente tengo corsi per l’Ordine dei Giornalisti e collaboro con l’Università Statale di Milano.

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