Il direttore generale dell’Onu Michael Møller ha lanciato un appello ai media perché si impegnino per un giornalismo capace di educare, coinvolgere, mobilitare i cittadini, che li aiuti a capire, ad agire, a trovare risposte e soluzioni.

Gli italiani nel 2015 sono balzati in testa alla top ten dei popoli più infelici e pessimisti. Siamo addirittura più pessimisti di iracheni, greci e palestinesi. Secondo l’Indagine Win-Gallup sulla felicità nel mondo, quel che sembra condannare gli italiani al pessimismo e all’infelicità è la mancanza di prospettive, soprattutto dal punto di vista economico. La crisi, la disoccupazione, l’insicurezza sociale ci stanno mettendo a dura prova, eppure Istat ha censito nel nostro Paese 6,6 milioni di persone che svolgono attività di volontariato. Un italiano su otto mette gratuitamente il suo tempo al servizio degli altri, un tasso pari al 12,6% della popolazione, uno dei più alti in Europa. Nel 1993 era il 6,9%, nel 2011 il 10%.

Chi svolge attività di volontariato non è né pessimista né infelice perché per dedicarsi alla cura degli altri e del bene comune occorre una buona dose di ottimismo, di fiducia nel prossimo e in se stessi. Il volontariato è senz’altro un antidoto al pessimismo, tuttavia non possiamo pensare di diventare tutti volontari per vivere in un Paese più felice e ottimista. Potremmo però provare a guardare il nostro presente e il nostro futuro con gli occhi di quei 6,6 milioni di volontari. Vedere più da vicino il loro lavoro, capire ciò che li spinge ad impegnarsi e conoscere gli effetti di quell’impegno forse ci aiuterebbe ad essere tutti più felici e ottimisti.

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Ascoltare un volontario che racconta i suoi pomeriggi in un centro diurno per ragazzi disabili o leggere la storia di chi gratuitamente insegna l’italiano ai migranti o, ancora, vedere in un telegiornale un servizio tutto dedicato a chi di notte offre rifugio alle persone senza dimora, potrebbe aiutarci ad essere più fiduciosi, meno insoddisfatti e arrabbiati. Se questo tipo di notizie fosse una presenza costante nei palinsesti televisivi e nelle pagine dei giornali, forse impareremmo a considerare i problemi del nostro tempo in un’ottica più positiva e costruttiva.

Oggi siamo inondati da notizie dell’ultim’ora che ci parlano di violenze, devastazioni, catastrofi, povertà. Anche grazie ai social media, sappiamo tutti dove e quando qualcosa accade. La grande sfida di chi fa informazione non è tanto raccontare cosa accade ma offrire strumenti per capire perché accade e come sia possibile affrontarlo ed evitare che si ripeta.

Pochi giorni fa a Londra il direttore generale dell’Onu Michael Møller, in un incontro con la stampa organizzato dal National Council for Voluntary Organisations (Ncvo), ha lanciato un appello ai media perché s’impegnino in un giornalismo costruttivo e positivo. Continua a leggere…

Fonte: Medium Italia

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