Sono passati solo cinque anni da quando si sarebbe dovuta diffondere la cosiddetta “pandemia rosa”: un virus che, se non ricordo male, colpiva i maiali e di conseguenza gli esperti sconsigliavano l’acquisto di carni e derivati. Oggi non ce n’è più traccia nemmeno su Google! Fu in quella occasione che scrissi il seguente post, che vi invito a rileggere lasciando trarre a voi le dovute riflessioni sul modo in cui si parla oggi del prossimo “allarme” mondiale chiamato ebola:

Era la fine del 2003 quando il caso dell’aviaria scatenò la fantasia apocalittica dei media e di “esperti” scienziati che arrivarono addirittura a predire la morte di milioni di persone. Prima di lei, era avvenuta la stessa cosa con il morbo della mucca pazza nel 2001. Fu allora che la parola “pandemia”, ovvero epidemia su vastissima scala, iniziò ad essere stampata a caratteri cubitali sulle testate di tutto il mondo. Notizie che era certamente doveroso diffondere per far conoscere il potenziale pericolo alla popolazione mondiale, ma con la dovuta cautela.

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Certi allarmismi ci travolgono periodicamente, passando innanzitutto per il piccolo schermo (gli italiani purtroppo ne fanno un uso smodato) e hanno un impatto inimmaginabile sulle nostre vite e sulle nostre abitudini. Se provassimo a spegnere la tv e a non leggere i giornali per qualche settimana i nostri comportamenti nei piccoli gesti di tutti i giorni sarebbero certamente diversi, saremmo meno preoccupati e ci sentiremmo più leggeri, senza sentire nel petto quel peso, quel senso di oppressione, quella negatività che ogni giorno ci viene propinata dai mass-media.

I telegiornali italiani sono un concentrato della peggiore spazzatura del mondo, racchiusa, rappresentata, (mal)interpretata in uno spazio di 30 minuti e abilmente mescolata a qualche “esploit” pubblicitario spacciato per notizia. Ovvio: peggiori sono le catastrofi, maggiori sono gli ascolti. Ma non dimentichiamoci che fuori dal quel piccolo schermo, dalle pagine dei quotidiani, la realtà è molto diversa.

Ci è passata la voglia di sorridere. Non ci fidiamo più dei nostri vicini. Se incrociamo un extracomunitario lo guardiamo come se fosse un delinquente, un appestato, o non lo guardiamo proprio. Temiamo per l’educazione dei nostri figli. Abbiamo pregiudizi verso chi ha una fede diversa. Siamo convinti che il mondo vada male e che andrà sempre peggio.

Come cantava Jovanotti nella sua famosa canzone “Safari”, abbiamo “la tele accesa e la porta chiusa”: in questo modo saremo certamente al sicuro!

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E’ il giornalismo costruttivo la chiave per tornare a leggere i giornali?

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Silvio Malvolti

Silvio Malvolti

Ho fondato BuoneNotizie.it nel 2001 con il desiderio di ispirare le persone attraverso la visione di un mondo migliore. Nel 2004 ho costituito l'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo, che oggi gestisce questa testata: una sfida vinta e pluripremiata.

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Un Commento

  • mariolina ha detto:

    condivido pienamente quanto scritto nell’articolo, i virus esistono e mietono vittime, sono sinceramente dispiaciuto per l’Africa, continente che non ha mai pace per un verso o per l’altro, ma l’allarmismo poi tipicamente italiano, è indecente
    i quotidiani esteri stanno trattando la questione con toni ben diversi