E’ uno dei fattori che più condizionano la mente umana e il modo di correlarsi con l’esterno: è lo stress, particolare condizione psicofisica di malessere che nasce dalla sensazione di non essere in grado di rispondere alle aspettative e  alle richieste altrui, che può costituire un vero e proprio fattore di pericolosità anche in ambito lavorativo. Dal 1° agosto 2010, il rischio da stress lavoro-correlato sarà un elemento da monitorare costantemente da parte dei datori di lavoro delle aziende private, grazie alle imposizioni sancite dal Decreto Legislativo 81/2008. L’obbligo per le aziende pubbliche scatterà, invece, dal 31 dicembre 2010.

Il Testo Unico può essere considerato una vera e propria rivoluzione a riguardo, in quanto ha ribadito con forza l’esistenza di fattori di rischio notevoli legati allo stress, associando, inoltre, la nozione di benessere psicofisico alla qualità della produzione aziendale. 

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Per ottemperare in maniera efficace ai dettami del decreto, bisognerà predisporre una valutazione, redatta anche in concerto con il responsabile del servizio di prevenzione e con il medico competente, in grado di definire quei fattori che possono causare disagio sul luogo di lavoro. Ad essere presi in considerazione dovranno essere gli indicatori di rischio generali, cioè quelli relativi, per esempio, all’organizzazione aziendale, che comprendono elementi come il rumore, il microclima e la qualità dell’aria, il comfort ambientale, gli orari di lavoro, con particolare attenzione ai turni, soprattutto notturni.  Ma saranno da valutare come fattori di stress anche il contatto con il pubblico o le mansioni con stimoli emotivi rilevanti. Accanto a questi primi indicatori, dovranno essere segnalati, inoltre, tutti quegli elementi legati alla percezione soggettiva del lavoratore nel suo ambito professionale, come la sua valorizzazione personale o la motivazione, le relazioni interpersonali, la chiarezza e trasparenza dell’agire aziendale.

Ed infine, troveranno spazio nella valutazione anche i cosiddetti indicatori “correlati”, come l’assenteismo, la presenza di infortuni o di malattie professionali, l’esistenza, in azienda, di politiche legate alla sicurezza o all’ambiente, il turn-over tra i dipendenti.  

Tutti questi dati dovranno essere rielaborati in un documento, in grado di definire, per gruppi omogenei di lavoratori, tutti i fattori di stress e, conseguentemente, trovare le soluzioni migliori per la prevenzione dei rischi e per accrescere la sicurezza sui luoghi di lavoro.

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Isabella Berardi

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