Economia & Lavoro

Istat, censimenti permanenti: cosa sono e perché ci sono così utili

di 23 Novembre 2018Dicembre 22nd, 2020No Comments

Tra qualche anno l’Istituto Nazionale di Statistica compirà un secolo. Cent’anni di storia durante i quali l’Italia ha cambiato pelle più e più volte. La realtà, però, è che se l’ISTAT conta quasi un secolo di storia, i censimenti – in sé – datano molto di più: addirittura dalla nascita del Regno d’Italia, nel 1861. A distanza di tanto tempo il Paese è cresciuto e insieme a lui sono cresciuti anche i censimenti: tanto che ultimamente si è fatto un ulteriore step con il passaggio dai tradizionali censimenti decennali ai censimenti permanenti. Di che si tratta? E perché i censimenti permanenti ci sono utili?

“Fate il censimento di tutta la comunità degli Israeliti, secondo le loro famiglie, secondo il casato dei loro padri, contando i nomi di tutti i maschi, testa per testa, dall’età di venti anni in su, quanti in Israele possono andare in guerra…”. Se vogliamo parlare di censimenti, possiamo davvero andare lontano risalendo perfino alla Bibbia e oltre. In Italia, i censimenti si facevano anche ai tempi di Roma, tant’è che nel quinto secolo il Senato Romano pensò bene di istituire addirittura un’apposita magistratura: quella del censore. E’ sufficiente ricordare il nome di Catone, detto “il Censore”, appunto. Questo per dire che quando – all’indomani della proclamazione – il neonato Regno d’Italia fece il suo primo censimento non inventò nulla di nuovo: trasformò, però, il censimento (questo sì) in uno strumento governativo irrinunciabile della nuova classe politica. Da allora si contano 15 censimenti, tutti a cadenza decennale salvo qualche impasse create una tantum da difficoltà finanziarie o guerre.

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Ai tempi del primo censimento, l’Italia contava poco più di 23 milioni di abitanti: oggi gli Italiani sono più di 60 milioni. Il Paese è cambiato e cresciuto, così come sono cambiati e cresciuti i censimenti: dal secondo dopoguerra in poi, l’innovazione tecnologica ha portato a profondi cambiamenti nel campo delle strumentazioni utilizzate. Il censimento del 2001 – con l’avvento di inetrnet – ha fatto da spartiacque, spianando la strada all’emergere dei censimenti compilabili online. E alla sempre maggior diffusione dei dati raccolti con un ritorno anche in termini di conoscenza, da parte degli Italiani, di come (e dove) va il loro paese.

E’ in questo contesto che che si colloca l’emergere di un’ulteriore novità, il passaggio da censimenti decennali a censimenti permanenti: effettuati, cioè, a cadenza annuale, biennale e triennale. Le nuove forme di censimento – in questo caso – non coinvolgono l’intera popolazione italiana. O meglio, la coinvolgono ma in modo più indiretto. Le rilevazioni campionarie riguardano di volta in volta 1,4 milioni di famiglie e 3,5 milioni di cittadini scelti all’interno di fasce significative. L’analisi dei dati rilevati, viene poi messa in relazione con l’intera popolazione in un secondo tempo e i risultati convergono quindi sempre e comunque all’interno di una prospettiva globale. Si tratta insomma di una modalità adottata per rendere più capillare e rappresentativa la portata del censimento: un cambiamento che è avvenuto di pari passo con l’incremento, il cambiamento e la maggior specificità dei quesiti proposti.

Il perché di questo cambio di passo sta tutto nella finalità dei censimenti. Se ai tempi dell’antica Roma gli scopi principali erano ascrivibili al campo della tassazione e alle esigenze militari oggi le finalità sono diverse e molto più estese perché più ampie e complesse sono le politiche governative. A cosa serve un censimento? A molte cose. A valutare lo stato di salute del paese in vari campi: in ambito sanitario, in termini di istruzione, mobilità, infrastrutture, sviluppo sostenibile. Riassumendo: un censimento serve principalmente come strumento pratico, per consentire la messa a punto di politiche governative che rispondano alle reali esigenze del paese. Ma non solo. L’incremento dei censimenti – oltre che alla classe governativa – serve anche ai cittadini perché comprendere il proprio presente è il primo passo per definire il proprio futuro.

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Martina Fragale

Martina Fragale

Giornalista pubblicista dal 2013 grazie alla collaborazione con BuoneNotizie.it, di cui oggi sono direttrice. Mi occupo di temi legati all’Artico e ai cambiamenti climatici; come docente tengo corsi per l’Ordine dei Giornalisti e collaboro con l’Università Statale di Milano.

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