I contenuti negativi su internet sono spesso provocatori, potenti e pervasivi. Potremmo definirli addirittura tossici. La cosa più allarmante è che certe notizie raggiungono questa viralità tossica facendo leva sulle nostre emozioni più primitive.

Gli esseri umani sono psicologicamente programmati per condividere le cattive notizie: una sorta di meccanismo di difesa ancestrale che serviva per difenderci da situazioni di pericolo quando ancora i nostri antenati vivevano nelle caverne. Oggi, la cronaca nera, le campagne diffamatorie, gli scandali politici, fino al gossip delle celebrità, fanno scattare lo stesso comportamento virale.

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E qui sta il fascino pericoloso del contenuto negativo: l’impulso di reagire alla negatività è nella nostra natura e, purtroppo, può essere facilmente sfruttata.

Con l’attuale rincorsa all’audience, alcuni media sfornano in continuazione contenuti negativi, strillando titoli a volte in modo forzato, perché è un modo facile per attirare lettori, pagine viste e di conseguenza introiti pubblicitari.

La negatività non è solo deprimente per i lettori: è anche un male per gli editori.

Il vecchio principio secondo cui le cattive notizie fanno vendere, sta rapidamente scemando. Apparentemente si tratta di un modello di business semplice ed efficace: titoli acchiappa-click e sensazionalismo attirano opinioni e azioni, e la prospettiva di rendere virali le notizie attrae certamente gli inserzionisti. Ma di fatto le persone sono sempre più stufe del diluvio di indignazione che piove dai mass-media.

Inoltre, la negatività non è più così redditizia come una volta. Per quanto ci piaccia avere qualcosa contro cui prendercela, l’esposizione costante a messaggi negativi ci contagia con la cosiddetta “impotenza acquisita”, ovvero la convinzione che il mondo sia un posto pericoloso e che non abbiamo alcun potere per fare qualcosa.

Dopo aver visto solo tre minuti di notizie negative, le persone hanno il 27% in più di probabilità di passare una brutta giornata. I contenuti negativi tendono a diventare virali, ma a che serve se poi siete di cattivo umore? I lettori sono la linfa vitale di un editore. Non ha senso prenderli in giro con titoli sensazionali o notizie inutilmente gonfiate.

Gli inserzionisti oggi sono molto più attenti ai propri investimenti pubblicitari, perché non vogliono più associare il loro marchio a contenuti negativi. Non possono rischiare la propria reputazione accanto a contenuti dubbi o discutibili, perché c’è il rischio che i consumatori facciano confusione tra i loro marchi e il contenuto cui sono associati.

Le persone che preferiscono contenuti positivi dichiarano di trascorrere una buona giornata l’88% delle volte. Per la stessa ragione, i lettori che leggono contenuti positivi tendono a trasferire il valore positivo della notizia sui marchi circostanti.

Un altro fattore chiave che diminuisce il valore del contenuto negativo è la natura mutevole della pubblicità digitale. Siamo entrati un’epoca in cui la pubblicità viene offerta sotto forma di contenuti, e la negatività non si adatta a questo nuovo modello, come sottolinea David Auerback in questo articolo. Se si utilizzano contenuti provocatori, che incitano una guerra a Babbo Natale, alla Barbie o al personaggio di turno, l’indignazione può essere virale, ma rimane fine a se stessa… ci sono notizie molto più utili o interessanti che si integrano meglio con un messaggio promozionale.

Per quanto possa sembrare che la negatività e le polemiche dominino il ciclo delle notizie, le storie che offrono una soluzione o che evocano sentimenti positivi come speranza, gioia, stupore, coraggio o ispirazione, raggiungono una viralità più alta di quelle negative, come riporta questa ricerca pubblicata su Micro e Marco Marketing.

La maggior parte delle persone preferisce diffondere la felicità. Le offese, l’indignazione e la negatività saranno sempre più relegate al passato. Internet e la rivoluzione digitale stanno andando oltre.

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Silvio Malvolti

Silvio Malvolti

Ho fondato BuoneNotizie.it nel 2001 con il desiderio di ispirare le persone attraverso la visione di un mondo migliore. Nel 2004 ho costituito l'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo, che oggi gestisce questa testata: una sfida vinta e pluripremiata.

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6 Commenti

  • Luisa ha detto:

    L’idea di pubblicare solo buone notizie mi è venuta dopo l’ennesimo articolo pessimista,disfattista,depressivo che ho letto su fb. Credo che nel mondo ci siano tante belle notizie da condividere per dare speranza è vivere in modo positivo. Questo non vuol dire nascondere la testa nella sabbia ma semplicemente ricevere energia positiva per affrontare la vita. Quindi ben vengano le buonenotizie!

  • Lorenzo Biglietti ha detto:

    Buongiorno.
    Il giornalismo televisivo è un esempio di attività sociali pericolose.
    Io sono contento che abbiate scritto questo articolo: vorrei che iniziasse e si propagasse un dibattito, tanto per capire se c’è qualcuno che lo condivide.
    E’ una guerra persa ma intanto non perdiamo di vista la realtà.
    La violenza paga molto di più della pace.
    Cordiali saluti

  • Miria ha detto:

    Bell’articolo che condividerò…grazie

  • Patrizia ha detto:

    Proprio per questo motivo ho deciso di mettere come pagina del web quando lo apro questo sito! E ho tagliato via google news! grazie!

  • Simona ha detto:

    Buongiorno, credo di non esagerare quando dico che ormai siamo arrivati ad un punto di saturazione. Stiamo assorbendo una tale mole di negatività da ogni parte che non mi stupirebbe se questa si ripercuotesse anche sulla nostra salute, mentale e non solo. Per non parlare dei ragazzi di oggi sui quali stiamo scaricando di tutto.È ora di ritornare ad una sana e positiva visione del mondo e della vita, con un occhio anche critico, ma non certo con tutta quella violenza, cinismo e accanimento che passa sui mezzi di informazione, se così si possono definire.Ben vengano dunque le buone notizie di cui tutti abbiamo bisogno.

  • Piero Bernassola ha detto:

    Sì, il “corpo di dolore” di Ekhart Tolle