Salute & Benessere

Lotta ai farmaci pirata, Italia all'avanguardia

di 12 Novembre 2007No Comments

“L’Italia è all’avanguardia in Europa nella lotta ai farmaci contraffatti”. Lo assicura il sottosegretario alla Salute Giampaolo Patta in una recente interrogazione parlamentare. “Il controllo sulla produzione dei farmaci – dice Patta – si svolge con regolarità e copre anche gli aspetti critici che in altre nazioni hanno causato dei morti”. L’Italia, dunque, è un paese in cui è difficile trovare medicinali contraffatti nelle farmacie, più facile invece imbattersi nei ‘pirati’ navigando in internet. Attraverso siti poco raccomandabili, privi di garanzie e riferimenti, si possono acquistare molti medicinali, spesso falsi: vanno per la maggiore i prodotti per migliorare prestazioni sessuali, ma anche sospetti intrugli per dimagrire. I rischi, però sono molto alti: “un farmaco contraffatto – ci informa Stefano Vella dell’Istituto Superiore di Sanità – può non contenere il principio attivo dichiarato oppure avere dosi di principio attivo non corrette e quindi inefficaci a svolgere l’attività terapeutica”, ma soprattutto – neanche a dirlo – un farmaco ‘pirata’ non è sottoposto ad alcun tipo di controllo.

In Italia la produzione e la distribuzione di ogni singolo farmaco, sia generico che ‘di marca’, sono controllate grazie a processi di autorizzazione, notifica e vigilanza gestiti dal ministero della Salute, dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e dalle singole regioni. Tutti i principi attivi, per essere messi in commercio, sono sottoposti a una rigida procedura per garantire efficacia e sicurezza. La prima prova da superare per un nuovo principio attivo è la sperimentazione pre-clinica (ad esempio studi su colture di cellule o prove biochimiche). Il secondo livello è la prova di efficacia su volontari maschi sani, infine si passa alle fasi terza e quarta, ovvero studi terapeutici su un ristretto gruppo di pazienti malati e poi su gruppi sempre più grandi con malati il più possibile diversi tra loro (ad esempio donne e uomini, giovani e più anziani).

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Ma le precauzioni non finiscono qui. Dopo la sperimentazione clinica inizia la ‘farmacovigilanza’: un sistema di monitoraggio continuo del farmaco realizzato grazie alla stessa azienda produttrice, a indagini di istituti di ricerca indipendenti, ma anche grazie a segnalazioni di medici e informatori del farmaco.

L’obiettivo della procedura è migliorare l’uso che di quel farmaco si può fare e dunque riconoscere – il più rapidamente possibile – reazioni inaspettate al principio attivo. Sono questi i controlli clinici a cui un farmaco ‘pirata’ non viene mai sottoposto. Per impedire che falsi farmaci entrino nelle nostre farmacie, gli sforzi non finiscono qui: nel 2003 si è mossa l’Unione Europea che con una direttiva ha imposto il bollino farmaceutico di sicurezza. Si tratta di adesivi stampati su carta filigranata del Poligrafico dello Stato dove un numero progressivo permette in ogni passaggio della filiera farmaceutica, cioè dal produttore al consumatore, di identificare il prodotto, la sua origine e le sue caratteristiche.

La segnalazione di un farmaco non identificabile può attivare i nuclei di investigazione che dal maggio 2007 sono presenti anche in Italia. Il gruppo di lavoro sulla contraffazione dei farmaci vede i Nuclei Anti-Sofisticazione dei Carabinierei (NAS) e l’Istituto Superiore di Sanità in prima fila contro pericolose falsificazioni. “Il gruppo – fa sapere l’AIFA – vuole essere il punto di riferimento per le segnalazioni riguardanti farmaci contraffatti e si impegna anche a scovare le carenze normative e a coordinare le istituzioni coinvolte a diversi livelli”. Nella lotta ai ‘pirati’ si aggiunge anche il gruppo internazionale IMPACT (Internationale Medical Products Anti-Counterfeiting Task Force). Questa task force anti-pirati è nata nel 2006 grazie a una conferenza internazionale organizzata proprio dall’italiana AIFA e guida a livello internazionale la guerra ai farmaci contraffatti. La sfida è vincere una dura battaglia che vede i suoi morti soprattutto tra i malati dei paesi più poveri.

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Francesca Farina

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