Salute & Benessere

Infartiridotti dopo l'angioplastica

di 1 Settembre 2008No Comments

Ridurre quasi della metà il rischio di infarto tra i pazienti cardiopatici sottoposti ad angioplastica coronarica. È la promessa di uno studio europeo guidato dall’Italia, presentato oggi al Congresso annuale della Società europea di cardiologia (Esc) in corso a Monaco di Baviera. Protagonista della ricerca il tirofiban: una molecola abbandonata da Big Pharma, ma riabilitata dall’equipe di Marco Valgimigli, cattedra di Cardiologia all’università di Ferrara.

In un trial battezzato 3T/2R, il team emiliano ha dimostrato che, nei pazienti resistenti ai comuni farmaci antiaggreganti (aspirina o clopidogrel), la probabilità di un infarto post-angioplasica può essere abbattuta se alla tradizionale terapia antitrombotica si aggiunge il tirofiban. “Un risultato davvero importante – sottolinea il neopresidente Esc, Roberto Ferrari – pensando ai numeri della trombosi post-angioplastica”.

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Lo studio ha coinvolto 10 centri tra Italia, Belgio, Francia e Spagna, per un totale di quasi 1.300 pazienti candidati all’angioplastica. Valgimigli e colleghi si sono concentrati in particolar modo sui 263 cardiopatici (circa uno su 5) che non rispondevano ad aspirina o a clopidogrel. Li hanno quindi randomizzati in due gruppi: in aggiunta ai classici antiaggreganti uno riceveva tirofiban endovena, l’altro placebo. Ebbene, nel gruppo trattato con tirofiban la percentuale di infarti nelle ore successive all’angioplastica risultava pari al 20,4%, contro il 35,1% del gruppo placebo. Una riduzione superiore al 40%, calcola Valdimigli. E ancora: nei pazienti resistenti sia all’aspirina che al clopidogrel, la percentuale di infarti passava dal 25% con placebo a zero con tirofiban.

“Questo studio ha ricadute concrete sulla pratica clinica”, dice Ferrari, commentando la ricerca del suo collaboratore. Ricadute che nel centro cardiologico di Ferrara sono già realtà: “Siamo l’unica struttura italiana a sottoporre i pazienti a un test di resistenza all’aspirina. Costa appena 20 euro – precisa – ma può davvero migliorare la prognosi”, assicura.

Ma i risultati illustrati oggi al summit tedesco sono importanti anche per un altra ragione. “Si tratta di un raro esempio di studio davvero indipendente – assicura Ferrari – Il tirofiban era in sviluppo nei laboratori Merck che poi l’hanno abbandonata”, ricorda. I cardiologi ferraresi l’hanno invece “ripescata dal cestino”, testandola con il successo riferito all’Esc 2008 e limitandosi a sondare l’interesse dell’azienda giapponese Iroko che ha offerto un contributo.

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Silvio Malvolti

Silvio Malvolti

Ho fondato BuoneNotizie.it nel 2001 con il desiderio di ispirare le persone attraverso la visione di un mondo migliore. Nel 2004 ho costituito l'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo, che oggi gestisce questa testata: una sfida vinta e pluripremiata.

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