Il volontariato rende felici. Impegnarsi per gli altri risulterebbe più soddisfacente di un aumento di stipendio. E’ quanto emerge da una ricerca effettuata da Luca Stanca, economista dell’università Bicocca. “Smontato un errore di fondo dell’economia, cioè che la solidarietà valga zero, perché non esiste un “prezzo di mercato”: parola di esperto.

Obiettivo di partenza dello studio di Stanca è stato misurare quello che, per definizione, è incommensurabile: il valore della gratuità. E la sua ricerca – basata su indici di “Life satisfaction” registrati in varie città di tutto il mondo – ha portato ad esiti quasi “paradossali”.

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Bocciate le città di Milano e Roma, promosse, invece, Isernia, Vibo Valentia e Ragusa: è questa la “paradossale” classifica che emerge dalla ricerca: nelle prime due città italiane le reti di amicizia, di volontariato e di relazioni disinteressate sono risultate più fragili che nel resto d’Italia. E questo si traduce in un minore livello di soddisfazione della popolazione.

Rispetto ad un indice di soddisfazione medio a livello globale, la popolazione mondiale (in generale) che ha un ruolo nel terzo settore si sente più felice, rispetto alle altre persone, di un indice che l’economista valuta in 1,17 punti. Un indice più alto di quanto non accada a chi ottiene un aumento salariale – ad esempio – di 8.000 euro l’anno, che ha un indice di soddisfazione dell’1,15.

Il valore cardine, però, resta la salute, che quadruplica il livello di soddisfazione della propria vita. Un forte incentivo alla felicità è anche il matrimonio, a cui Stanca attribuisce il valore di 3,67. Al contrario, la disoccupazione segna un indice negativo del -3,94, la voce più consistente tra i fattori che creano infelicità.

Dentro il contenitore del volontariato, è la solidarietà pura ciò che crea più soddisfazione (l’indice è 1,78), seguita dalle azioni nelle comunità religiose (1.14). Molto più contenuta, invece, la soddisfazione di chi si dedica alla politica (indice dello 0,14): “Segno che quanto più l’attività è gratuita e meno strumentale, tanto più il suo effetto è positivo”, commenta Stanca.

“La ricerca smonta un errore di fondo dell’economia, cioè che la solidarietà valga zero perché non esiste un prezzo di mercato”, spiega Stanca. “Al contrario, una società con molta attenzione all’aiuto verso gli altri è più giusta ed efficiente”. E’ di questo, conclude Stanca, che si deve occupare l’economia “il cui fine ultimo è rendere non più ricchi, ma più felici”.

 

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No Comments

  • Lazza ha detto:

    Ho 21 anni, volontario da quando ne avevo quasi 17… concordo totalmente con il contenuto dell’articolo. Non ho mai capito tutti i miei coetanei che spesso vanno a lavorare — pur ogni tanto ricordandosi di studiare — solo per comprarsi l’iPod, l’iPhone, l’iPad, l’iMac e tutte le iPorcherie di Apple. :D La felicità non la ottieni con prodotti sovraprezzati che ti illudono di essere più cool degli altri, la ottieni aumentando di continuo il tuo benessere mentre fai qualcosa che ti piace.

  • Daniela troina ha detto:

    Sono d’accordo. aggiungerei una riflessione: i beni relazionali, oggi poco valorizzati, sono invece assolutamente rilevanti per la qualità della vita. Qualora si riuscisse a capire che leadership, potere, managerialità dovrebbero sempre esprimere capacità di servizio allora anche il lavoro “tradizionale” in azienda, in politica, in economia etc garantirebbe quel “piacere” oggi rilevabile principalmente nel volontariato.