Dall’ideazione degli esperimenti alla loro costruzione, fino alla responsabilità dell’analisi dei dati: il ruolo dell’Italia è tutt’altro che secondario nella “caccia” al bosone di Higgs, la cosiddetta “particella di Dio”, grazie alla quale ogni cosa ha una massa. Attraverso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) l’Italia ha partecipato all’acceleratore Large Hadron Collider (LHC) con 480 milioni in sei anni, dai quali ha avuto un ritorno di circa 400 milioni in termini di introiti per le 50 aziende italiane coinvolte nel progetto. Inoltre, l‘Italia partecipa con 600 ricercatori, tutti impegnati in prima fila e molti dei quali impegnati su temi di frontiera – ha osservato Guido Tonelli, il fisico dell’Infn che ha coordinato l’esperimento Cms all’inizio della “caccia” al bosone di Higgs.

Parlano italiano anche alcuni dei principali strumenti degli esperimenti dell’LHC, come il calorimetro elettromagnetico del Cms: “E’ lo strumento che ha permesso la scoperta”, ha osservato Marcella Diemoz, direttore della sezione dell’Infn dell’università La Sapienza di Roma.

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Composto da 75.000 cristalli trasparenti e fatti di un materiale più denso del ferro (il tungstato di piombo), il calorimetro funziona come una “trappola” per le particelle che nascono quando il bosone di Higgs “muore”. Avere ideato e costruito questo strumento significa, per l’Italia, essere in prima fila nell’analisi dei dati.

Potrebbe parlare italiano anche il futuro della ricerca sul bosone di Higgs, grazie all’acceleratore Super B la cui realizzazione è prevista nel Programma nazionale della ricerca. Per il responsabile del nuovo acceleratore, Roberto Petronzio, la macchina potrebbe permettere di fare analisi dettagliate delle particelle individuate dal grande LHC: “Si sta aprendo una finestra importante”, ha detto Petronzio, “e l’Italia è in prima fila”. (Fonte:  www.ansa.it)

Per approfondire:

CERN  e Bosone di Higgs: ve li spieghiamo noi. In musica.

 

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