Già nella Forbes Top 100 Italian Women 2018, la vincitrice del Premio “Top Middle East Women Leader” è italiana e vive a Dubai, ma attenzione: Silvia Vianello non è affatto un cervello in fuga, come sottolinea lei stessa più volte. Le narrazioni sono fatte di filtri e un filtro è anche un luogo comune, ma dietro a ogni luogo comune c’è una storia. Silvia, riconosciuta tra le 100 donne più esperte del mondo digitale con oltre 100mila follower su LinkedIn ed ex conduttrice di un programma del network di Sky, mi racconta la sua, nel corso di una lunga telefonata intercontinentale.

Sono nomade da tanto tempo. Prima di Dubai, ho vissuto a Parigi, a Houston e a New York. In Italia torno comunque più o meno due volte al mese per dare un contributo  raccontando cosa facciamo qui a Dubai. L’Italia rimane sempre il mio paese del cuore.

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Docente e consulente strategico in marketing digitale, Silvia Vianello oggi dirige l’Innovation Center SPJain School of Global Management di Dubai. Il settore dell’innovazione, qui, va per la maggiore. La cosa che mi colpisce, di primo acchito, è il fatto che si tratti di un ambito principalmente maschile. Quando le chiedo se la cosa le abbia creato qualche difficoltà, Silvia mi dice di no. Tutt’altro, anzi. “Per i tanti uomini che lavorano in quest’ambito è così inusuale avere a che fare con una donna che in genere quando ne trovano una che magari ne sa addirittura più di loro, finiscono per appassionarsi. Anche sui palchi, durante i convegni, il fatto di essere donna in fondo ha sempre giocato a mio favore: spezza la monotonia. Certo, in altri settori le cose funzionano in modo diverso. Ho lavorato in Maserati come direttore marketing per 24 paesi e sì, posso dirti che il mondo dell’automotive – per una donna – è tutt’altro che semplice!

Silvia Vianello. Foto tratta dal suo profilo Instagram

La verità è che la vita non è sempre una corsa a ostacoli. O meglio, gli ostacoli ci sono ma spesso e volentieri sono diversi da quelli conosciuti e tramandati dalla vulgata comune. Quando mi parla della sua esperienza all’estero, Silvia sottolinea più volte di non essere affatto scappata dal suo paese per mancanza di opportunità. “In Italia avevo non uno, ma tre lavori più che gratificanti: insegnavo in Bocconi, avevo una società di consulenza e tenevo un programma televisivo. Idem per quanto riguarda tanti italiani che oggi vivono a Dubai: non ce n’è uno che in Italia non avesse un lavoro ben pagato. La verità è che spesso ci si trasferisce all’estero per motivi diversi. Non esistono solo cervelli in fuga. Si va via anche per allargare i propri orizzonti, per avere nuovi stimoli e potenzialità di investimento. O per vivere una vita più semplice, in termini di tassazione per esempio. Per quanto riguarda il mio settore posso dirti che in Europa si parla molto di innovazione ma la si fa poco. A Dubai funziona esattamente al contrario.

Sul tema, si potrebbe aprire un capitolo infinito. La percezione comune – quando si parla di migrazioni – tende a essere limitata e a non considerare (o a sminuire) quel corposo fenomeno che è difficile classificare ma che di fatto è sempre esistito. Si emigra anche per libera scelta, non solo per necessità.

Ciò che è certo è che da lontano si acquisisce uno sguardo nuovo, un colpo d’occhio diverso sul proprio punto di partenza. Quando le chiedo come veda l’Italia a distanza Silvia mi risponde facendo riferimento soprattutto a barriere mentali e ad alcuni, consolidati luoghi comuni. “In Italia ho riscontrato spesso una forte resistenza al cambiamento. Basti pensare alla paura nei confronti della tecnologia, al timore che le innovazioni in questo campo possano rubarci posti di lavoro. La verità è molto diversa: le innovazioni tecnologiche non fanno che renderci più liberi, per esempio sollevandoci da attività che possono essere svolte dalle macchine, o garantendoci maggiore sicurezza. In linea di massima, per ogni lavoro sostituito da una macchina ci sono almeno tre nuovi lavori che nascono. Le rivoluzioni industriali sono una costante, non una novità e negli anni non hanno certo ucciso il mondo del lavoro. Lo hanno piuttosto cambiato.” Cosa, peraltro, ampiamente suffragata dai dati di uno studio di Deloitte pubblicato sul Guardian qualche anno fa.

Silvia oggi si impegna a dare alle persone strumenti utili, che le aiutino a cavalcare l’onda sullo sfondo di un mondo del lavoro in costante cambiamento. Sui suoi social tiene consulenze gratuite. Tra una domanda e l’altra, l’idea che mi trasmette, è che trasferire esperienze e conoscenze, per lei sia una mission.

Ne approfitto per chiederle cosa serva oggi, al di là della pura e semplice disponibilità a cambiare. “Quello che ci impegniamo a fare, qui all’Innovation Center, è creare global citizen: cittadini globali. Quella è la chiave di tutto. Quello che serve è un radicale cambiamento di mentalità. Da noi, per esempio, non ti limiti a fare un master in un’unica città. Puoi fare  4 mesi a rotazione in ognuno dei nostri campus, tra Dubai, Singapore e Sidney con la possibilità di assimilare quello che è un vero e proprio mix di culture. C’è poi una seconda alternativa, per chi preferisce rimanere in loco: si tratta un’opzione online, percorribile grazie ad aule virtuali ad altissima tecnologia. Ti ho fatto questo esempio per darti un’idea del tipo di mentalità a cui alludo. Il cambiamento che serve va in buona parte in questa direzione.

E agli Italiani, cosa consiglia in questo momento? “Di tornare a sognare. Sì, davvero: sognate, ricominciate a farlo perché l’Italia è un’eccellenza mondiale. Non dobbiamo mai dimenticarlo.”

 

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Martina Fragale

Martina Fragale

Giornalista pubblicista dal 2013 grazie alla collaborazione con BuoneNotizie.it, di cui oggi sono direttrice. Mi occupo di temi legati all’Artico e ai cambiamenti climatici; come docente tengo corsi per l’Ordine dei Giornalisti e collaboro con l’Università Statale di Milano.

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