10 i passi per raggiungere l’obiettivo “Zero Waste”, strategia di smaltimento alternativa agli inceneritori fondata su 3 livelli di reponsabilità (politica, industriale, civica). Scelta con successo da Australia, Canada, Stati Uniti e Nuova Zelanda. In Italia dal Comune di Capannori, per vincere la sfida del secolo: quella della sostenibilità.

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“Riciclare il 100% dei rifiuti? Con ‘Rifiuti zero’ è possibile”: a sostenerlo è il biochimico americano Paul Connet, teorico della strategia di smaltimento “Zero  Waste”, da 15 anni concreta alternativa al sistema degli inceneritori che, fra i suoi obiettivi, propone il ritiro dal mercato dei prodotti non riutilizzabili, il risparmio di materia, risorse, energia, costi, limitando l’impatto ambientale e creando occupazione. La prima a crederci, nel 1995, è stata, Canberra, capitale dell’Australia, seguita da tante altre amminstrazioni locali, soprattutto di Nuova Zelanda, Canada, Stati Uniti, Argentina, Giappone.

A San Francisco, si è arrivati  alla differenziazione del 75% del totale dei rifiuti, con l’intento di raggiungere, insieme a città come Los Angeles, San Diego, Seattle, Buenos Aires, il traguardo “Zero Rifiuti” entro il 2020. Una vera e propria onda verde scaturita dal basso, grazie alla determinazione di movimenti cittadini e associazioni ambientaliste  che, sinergicamente, si sono battuti per la chiusura o per impedire la costruzione di termovalorizzatori sul territorio. Per raggiungere tale obiettivo, 10 i passi verso “Rifiuti Zero” individuati al V Incontro Mondiale della Zero Waste Alliance (ZWIA),  svoltosi a Napoli nel 2009 e presentati da Connet, il 5 maggio scorso, presso la “Commissione per la sostenibilità ambientale”  delle Nazioni Unite.

Paul Connet, teorico del movimento "Riufiti Zero"

Fondato su 3 livelli di responsabilità (industriale, politica e civica), tale approccio parte dal presupposto che  l’esistenza dei rifiuti è sintomo dell’inefficienza del sistema economico e trae ispirazione dalla celebre considerazione di uno dei  fondatori del movimento ecologista moderno, Barry Commoner: “Se un prodotto non può essere ridotto, riusato, riparato,  ricostruito, riadattato, rivenduto, riciclato o biodegradato, dovrà essere riprogettato o rimosso dalla produzione” (n.d.r. “The  Closing Circle: Nature, Man, and Technology” -1971).Premessa fondamentale per risolvere il problema è quindi il monitoraggio e lo studio del rifiuto residuo, per arrivare a modalità concrete di riprogettazione industriale di prodotti ed imballaggi non smaltibili, attraverso la realizzazione di componenti recuperabili, privi di sostanze tossiche e contaminanti: quella che in gergo viene chiamata Responsabilità della Catena di Produzione (E.P.R.).

Costrette a conformarsi alle direttive sullo smaltimento adottate in diversi paesi, tante multinazionali hanno conosciuto i vantaggi della gestione verde della filiera. Fra queste la Xerox Corp. Europe che, raccogliendo in giganteschi depositi in Olanda, vecchie macchine fotocopiatrici provenienti da oltre 16 paesi, dove vengono smontate e oltre il 95% dei materiali viene riutilizzato o riciclato, è arrivata a risparmiare circa 76 milioni di dollari nel 2000. “In Ontario (Canada), la Beer Industry – spiega Connet – usa da anni bottiglie di vetro da riempire e riutilizzare, recuperando il 98% dei contenitori, riusati in media 18 volte ciascuno, creando 2.000 posti di lavoro, senza costi a carico dell’ente locale”.

La progettazione e la produzione industriale eco-compatibile non sarebbero possibili, però, senza politiche ambientali forti, praticate da leadership capaci di scommettere su quella che l’esperto americano ha definito la sfida del XXI secolo, quella della sostenibilità e senza una comunità responsabile, in grado di ridimensionare comportamenti consumistici e mettere in pratica le strategie di smaltimento alternative, prima fra tutte, la raccolta differenziata Porta a Porta, considerata il trampolino di lancio della Zero Waste.

P.a.P. e’ visto come l’unico sistema in grado di massimizzare la percentuale di rifiuti destinati al riciclaggio, soprattutto quello che viene definito dei “magnifici 4”: quattro contenitori per altrettante tipologie di scarto (organico, carta, multimateriale e frazione non riciclabile). Segue la realizzazione, in prossimita’ di aree rurali, di stabilimenti per il compostaggio, di piattaforme per la valorizzazione di materiali cartacei, ferrosi e non ferrosi, vetro e plastiche, per l’estrazione di materia da utilizzare in altri cicli di produzione.

La creazione, inoltre, di centri per la decostruzione degli edifici, la riparazione ed il riutilizzo di beni durevoli come mobili, porte, infissi, legno, per poi inserirli nuovamente nel mercato, in appositi parchi dell’usato. Per incoraggiare i cittadini a seguire il meccanismo del P. a P., fondamentale l’introduzione di sgravi sulle bollette, che facciano pagare utenze in base al consumo effettivo dei rifiuti.

“Zero Waste” affida l’ulteriore recupero del materiale sfuggito alla raccolta differenziata al Trattamento Meccanico Biologico, sistema di selezione e recupero del residuo che, separando la frazione umida dal secco, impedisce l’invio in discarica di materiali inquinanti e tossici (vernici, pile) e che producendo biogas e’ in grado di mantenere l’impianto e produrre energia da vendere al gestore nazionale. Il residuo finale destinato alla discarica (biostabilizzato) è inerte, rispetto alle ceneri degli inceneritori, tossiche e contaminanti, non deve essere stoccato in discariche speciali, costituendo un ulteriore problema per la società. Essendo un trattamento a freddo, privo di combustione, non emette nell’aria e nelle falde acquifere sostanze dannose per l’organismo e per l’ambiente, come diossine, furani, mercurio, piombo, cadmio, nanoparticelle come Pm10 e PM2.5, responsabili di tumori, linfomi, leucemie, malformazioni fetale, che contaminano le coltivazioni entrando nella catena alimentare. Si tratta di impianti semplici, economici e rapidi da edificare: per costruire un piccolo stabilimento occorrono circa 6 mesi ad un costo di circa 10 mila euro, creando circa 60 posti di lavoro.

“L’inceneritore di Brescia, e’ costato 300 milioni di euro. Riceve 60 milioni di euro l’anno d’incentivi statali perchè considerato produttore di energia pulita, pagati dai consumatori attraverso il Cip6 delle bollette (Comitato Interministeriale dei prezzi con deliberan.6). Ha creato solo 80 posti di lavoro, produce emissioni tossiche per la salute e non fa decollare la raccolta differenziata in città, perchè ha bisogno di rifiuti da bruciare (810 mila tonnellate l’anno) per mantenere l’impianto, con un impatto ambientale 46 volte superiore ad un TMB”– ha dichiarato Paul Connet nel corso di un incontro con la rete nazionale “Rifiuti Zero” patrocinato fra gli altri dall’assessorato Ambiente, Mobilità e Traffico del Comune.

Il Comune di Capannori ha inaugurato il primo "Centro di Ricerca Rifiuti Zero"

“La buona notizia è che in Italia, il Porta a Porta sta raggiungendo, oltre il 50% del volume dei rifiuti prodotti. Alcune comunità nel Lazio hanno superato il 60% in un solo anno: a Novara si è arrivati al 70% in 18 mesi e persino nel Sud, nel 2009 il comune di Salerno ha raggiunto il 74,16%”. In Italia la rete Rifiuti Zero è nata ad Acerra nel 2004. Il primo comune ad aderire alla strategia entro il 2020, è stato tre anni fa quello di Capannori, in provincia di Lucca, che ha aperto la strada del Porta a Porta.

Il comune toscano, gennaio scorso, ha inaugurato il “Centro di Ricerca Rifiuti Zero”. Si tratta di un’ esperienza unica in Europa: il comitato scientifico è presieduto dallo stesso Paul Connet ed ha creato un precedente importante in un paese che considera i termovalorizzatori l’unica soluzione al problema dei rifiuti. Tante le amministrazioni, infatti, che hanno seguito o stanno per seguire le sue orme: Acerra, Carbonaia, Aviano, Calcinaia, 30 comuni circa aderenti all’associazione nazionale Comuni Virtuosi, che hanno fatto propria la filosofia “Zero Waste”, dimostrando che può essere una concreta ed efficace scelta amministrativa, attenta all’innovazione ed alla sostenibilità ambientale, per trasformare i rifiuti in risorse, senza mandare in fumo il futuro della comunità.


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Loredana Menghi

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