Una ricerca scientifica presentata a Boston lo scorso 25 agosto 2010, durante il 240° Congresso dell’ACS-American Chemical Society (la più grande società scientifica del mondo e leader mondiale nella divulgazione della ricerca nel campo della chimica) ha dimostrato che l’aria umida trasmette le cariche elettriche di cui è dotata ai metalli che vengono in contatto con essa. Secondo i ricercatori, mettendo a punto collettori in grado di catturare le microscopiche cariche elettriche presenti nel vapore acqueo sarà possibile fornire elettricità a case e uffici. In un futuro non troppo lontano potremo avere dispositivi che, nelle zone dove il clima è particolarmente umido o durante i temporali, catturano elettricità dall’aria umida e la utilizzano per illuminare le case o per ricaricare le auto elettriche.

La ricerca è stata illustrata da Fernando Galembeck, ricercatore dell’Università di Campinas in Brasile e uno dei massimi esperti in materia, che ha definito questa nuova fonte energetica hygroelectricity” o “igroelettricità”, intendendo con questo termine “l’elettricità prodotta dall’umidità”. Lo studio dimostra che i metalli esposti al vapore acqueo assumono cariche elettriche e i test di laboratorio hanno appurato che alcuni metalli sono più idonei di altri a catturare le cariche elettriche presenti nell’aria. Secondo lo scienziato, i futuri pannelli “igroelettrici” collocati sui tetti (qualcosa di simile alle celle solari che catturano i raggi del sole) potrebbero funzionare anche come “parafulmini”. Catturando l’elettricità presente nell’aria umida, questi pannelli impedirebbero la formazione delle scariche elettriche rilasciate dai fulmini. In futuro, quindi, si potrebbero prevenire le migliaia di morti in tutto il mondo causati dai fulmini e i milioni di dollari di danni provocati alle cose.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Obiettivo degli studi in corso è capire come si forma e come si trasmette l’energia presente nell’aria e riuscire a sfruttare un effetto atmosferico molto presente in natura, ma ancora poco conosciuto. L’idea di poter utilizzare l’elettricità che si forma in natura ha tormentato gli scienziati per secoli (Nikola Tesla, ad esempio, è tra gli scienziati che sognavano di catturare l’elettricità presente dell’aria), ma fino ad oggi è mancata l’esatta conoscenza dei processi coinvolti nella formazione e nella trasmissione di elettricità dal vapore acqueo agli altri materiali.

Un tempo si pensava che le gocce d’acqua sospese nell’aria fossero neutre, ma Galembeck e il suo team, attraverso esperimenti in laboratorio che simulavano il contatto dell’acqua con microscopiche particelle di silicio e di fosfato di alluminio (entrambe le sostanze sono molto comuni nell’aria), hanno dimostrato che, in presenza di un alto tasso di umidità, il silicio aumenta la carica negativa, mentre il fosfato di alluminio quella positiva. Questa sarebbe la prova inconfutabile che l’aria umida presente nell’atmosfera non solo è in grado di produrre cariche elettriche, ma anche di trasferirle alle sostanze che vengono a contatto con essa. “Questo fenomeno – ha spiegato Galembeck – noi scienziati lo definiamo “igroelettricità”.

In presenza di vapore acqueo i metalli assumono cariche elettriche negative o positive in misura variabile e il gruppo di ricerca di Galembeck sta testando i vari metalli per identificare quelli più adatti a catturare l’elettricità atmosferica e, quindi, a prevenire la formazione (e la pericolosità) dei fulmini. In futuro le cariche elettriche catturate dai metalli esposti all’aria umida potranno essere collegate ad un circuito e fornire elettricità pronta all’uso. Naturalmente, come le celle solari rendono meglio nelle aree soleggiate, così i pannelli igroelettrici saranno più efficienti in zone con elevati tassi di umidità – come i tropici e gli Stati Uniti nordorientali e sudorientali.

L’idea di utilizzare l’igroelettricità come fonte energetica rinnovabile, però, è controversa. I detrattori di Galembeck sostengono la carica “igroelettrica“ finale prodotta dai futuri pannelli sarebbe circa 100 volte inferiore a quella generata da una cella solare. Galembeck stesso ammette che “la strada da percorrere è ancora molto lunga, ma i nuovi studi condotti, sia da noi che da altri gruppi di scienziati, indicano che la nostra ipotesi oggi è realizzabile. L’igroelettricità rappresenta una fonte energetica ideale per le zone del pianeta con climi tropicali e un modo di avere energia che fino ad oggi è stato sottovalutato”.

Per affrofondire:

ACS

Professor Fernando Galembeck

Condividi su:
Laura Pavesi

Laura Pavesi

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici