Un appezzamento di terra coltivato collettivamente da un gruppo di persone” renderà le nostre città più verdi.  Questa la definizione di Community Garden secondo l’American Community Garden Association, un’iniziativa per condividere la responsabilità di creare nuovi spazi verdi curati e gestiti dai cittadini.In Italia il fenomeno è più recente rispetto ad altri paesi, ma promuovere iniziative di gestione partecipata del verde urbano è sempre più all’ordine del giorno, stando ai dati dell’Ass.Filo Verde, promotrice del movimento a livello nazionale.

Alcuni esempi: a  Torino si coltiva un orto collettivo sul tetto del condominio di via Goito 14, mentre al piano terra è disponibile un laboratorio che fornisce informazioni sull’agricoltura biologica. Altre iniziative simili sono segnalate a Mirafiori.

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A Roma, durante l’estate, si è tenuta la prima festa dedicata al giardino condiviso. Ai partecipanti è stato chiesto di segnare su una mappa della capitale di segnalare i giardini esistenti e segnalare le aree abbandonate che potrebbero ospitarne potenzialmente di nuovi.

A Bologna è invece attivo il progetto degli orti comunali “multietnici”, in collaborazione con la Facoltà di Agraria dell’Università. In zona San Donato esiste un orto dove accanto a verze, insalata, e pomodori, crescono  tè marocchino, cardamomo e coriandolo, grazie a un gruppo di coltivatrici immigrate. Un esempio d’integrazione che comincia nell’orto.

Il community gardening si sta affermando sempre più come un sistema che permette la creazione di piccoli “polmoni verdi” accessibili a chiunque, che colorano la città di verde dai tetti alle periferie, con costi di manutenzione minimi.

Un esempio di sostenibilità quotidiana che promuove le relazioni tra le persone, favorendo i principi di cittadinanza attiva e la condivisione degli spazi urbani contribuendo alla loro riqualificazione.

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Francesca Miglioli

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