Qual è stato l’impatto del coronavirus sull’ambiente? Intervista a Giorgio Vacchiano, indicato dalla rivista Nature come uno degli 11 scienziati emergenti nel mondo nel 2018

 

Diversi studi delle principali organizzazioni intergovernative mondiali, come l’OMS, le Nazioni Unite e il WWF, hanno dimostrato il forte legame tra le zoonosi, ovvero la trasmissione di malattie infettive dagli animali all’uomo, e l’ambiente. Oggi il Covid 19, ma già in passato Ebola, Sars, influenza aviaria e suina, e anche l’HIV, ci sono state trasmesse dagli animali a causa del poco rispetto dell’uomo stesso verso l’ambiente.

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Esiste un legame tra i regni non animali e zoonosi?

Il 60% delle malattie emergenti sono zoonosi. Ci vengono trasmesse dagli animali tramite lo spillover, il “salto” di un virus o batterio da una specie all’altra. C’è una forte relazione tra zoonosi e le piante, ma anche un importante legame con il clima. Il virus Ebola, per esempio, si è trasmesso all’uomo, dai pipistrelli, a causa della frammentazione della foresta tropicale; la creazione di strade ha di fatto suddiviso in piccole aree l’habitat a cui erano abituate le specie animali. I pipistrelli hanno così iniziato ad avvicinarsi all’uomo, spostandosi dalla foresta ai parchi urbani. Fino all’anno scorso si parlava anche del virus Zica, veicolato nei paesi tropicali dalle zanzare, a causa del cambiamento climatico e della deforestazione. Un ottimo terreno di proliferazione era stato offerto dalle pozzanghere, create dei mezzi pesanti per compattare il suolo, e dalla luce del sole, che filtrava nelle zone dove venivano abbattute le piante.

Nel nostro Paese ci sono rischi di interazione di questo tipo? Quali potrebbero essere?

Anche da noi esistono queste interazioni complesse. Un esempio potrebbe essere la batteriosi del Morbo di Lyme, trasmesso dalle zecche. L’aumento numerico degli animali selvatici, soprattutto degli ungulati, a causa del venir meno dei predatori naturali, ha permesso una notevole diffusione delle zecche portatrici di questo batterio. Curioso il fatto che, una zoonosi a tutti gli effetti, sia dovuta all’espansione delle foreste. Le regioni italiane più colpite sono infatti la Liguria e il Piemonte. Non è l’animale in sé a dar vita alla zoonosi, ma l’interruzione di un equilibrio: tra piante, clima e animali stessi.

Qual è la situazione delle foreste in Italia negli ultimi anni: è quindi in aumento la superficie forestale? Anche la biodiversità?

La prima carta forestale del 1936, che è appena stata digitalizzata, ci ha permesso di fare il confronto con la situazione attuale. Le foreste sono raddoppiate negli ultimi cent’anni e sono in costante espansione, soprattutto nelle zone montane e collinari, dove i terreni agricoli ed adibiti a pascolo vengono abbandonati per motivazioni economiche e sociali. Ovviamente è aumentata la biodiversità legata all’ambito forestale: come la positiva ricomparsa del lupo che, come predatore di apice, regola l’equilibrio degli erbivori e a catena anche delle piante e via discorrendo. Per altre specie, invece, la riforestazione ha un impatto negativo: come per insetti e fiori, legati agli spazi aperti, alle radure, ai prati falciati delle aree montane. Questi territori tendono ad essere chiusi dalle foreste in espansione. L’Uomo può avere una posizione attiva, e positiva, nel mantenimento di queste aree aperte, consentendo il mantenimento di una maggior biodiversità.

Come si è modificata l’aria che respiriamo in questi mesi di Covid 19?

Ci sono due situazioni differenti da prendere in considerazione: la qualità dell’aria, come fenomeno locale, e le emissioni di CO2, che determinano il clima del Pianeta. La qualità dell’aria è migliorata, calando le emissioni inquinanti, soprattutto grazie alla riduzione del traffico veicolare, che ha potuto far registrare -50% degli ossidi di azoto sull’intera Pianura Padana e su molte città europee. Le emissioni di CO2 hanno avuto un calo stimato del 10/15%, ma secondo le relazioni di Global Carbon Project e Icos siamo tornati al 95% delle emissioni dell’anno scorso; si teme addirittura un rimbalzo: la ripresa economica, necessaria, rischia di farle aumentare esponenzialmente. I prossimi sei mesi saranno una finestra di opportunità per le politiche di lotta al cambiamento climatico. Abbiamo a disposizione finanziamenti che potrebbero dare una svolta al modo in cui facciamo le cose: cambiamenti in tema di mobilità e di produzione di energia pulita.

Nel caso specifico del Covid 19, quali ripercussioni si possono avere sulla biodiversità a livello globale?

L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura sta lanciando un allarme per le conseguenze economiche della pandemia. Se noi stiamo affrontando una crisi economica, in maniera ancora più grave saranno colpiti i Paesi in via di sviluppo, che sono i paesi dove esiste ancora la maggior parte della biodiversità. La crisi economica si ripercuoterà direttamente sui fondi, sul tempo e sull’attenzione, destinati alla conservazione della biodiversità, potendo innescare un circolo vizioso: distruzione di ecosistemi, come foreste tropicali e savane, porteranno alla distruzione della biodiversità, alla distruzione di equilibri naturali e sicuramente a nuove zoonosi. In stati come il Kenya, l’Uganda e la Tanzania, la principale fonte di finanziamento dei programmi di conservazione della biodiversità è il turismo ambientale, bloccando ed impedendo i viaggi a causa del Covid 19, si dovranno trovare nuovi metodi di cooperazione.

Giorgio Vacchiano, ricercatore e docente in gestione e pianificazione forestale all'Università statale di Milano

Giorgio Vacchiano, ricercatore e docente in gestione e pianificazione forestale all’Università statale di Milano

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Paolo Guidali

Paolo Guidali

Paolo Guidali, blogger e aspirante pubblicista. Ha scritto per Varese Press e oggi collabora con BuoneNotizie.it grazie allo stage annesso al percorso di formazione dell'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo per diventare giornalista pubblicista.

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