Tra risultati e battute d’arresto, la lotta all’inquinamento atmosferico procede su scala planetaria.

Cosa possiamo fare per ridurre l’inquinamento atmosferico? Una domanda a cui si è cercato di rispondere per tutto il Novecento, alternando piani e strategie di volta in volta più efficaci. Nel 2020 il quadro sembra essere positivo ma ci sono ancora ampi margini di miglioramento. L’ultimo step ha avuto inizio con la conferenza dell’Onu sul clima del 2017 (COP 23) che aveva allarmato il mondo e ispirato all’unione in una riconfermata (ma quanto mai urgente) lotta all’inquinamento. Era infatti chiara l’urgenza di ridurre drasticamente le emissioni di CO2.

Ieri e oggi. Cos’è successo dagli Accordi di Parigi in poi

Ai tempi degli Accordi di Parigi (la cui attuazione era materia della COP 23), l’Italia aveva sin da subito reagito positivamente, aderendo all’Alleanza globale per lo stop al carbone e prevedendo la fine del suo utilizzo entro il 2025. Cina e India avevano dato il loro consenso, mentre l’America aveva creato scompiglio. Donald Trump si tirava fuori dagli Accordi di Parigi, ma nei fatti la sua nazione continuava ad aderirvi (intervenendo anche alla COP 23).

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Oggi la maggior parte delle nazioni sta mantenendo la parola data. L’Italia, tra i diversi Paesi europei, si fa esempio e modello da seguire nel campo della sostenibilità ambientale. Una visione lungimirante se si pensa che in un futuro non molto lontano la capacità di mantenere un basso tasso di inquinamento diventerà un fattore di alta competitività tra i Paesi e le varie imprese.

Con il Green New Deal di Ursula von der Leyen (il grande progetto per la sostenibilità ambientale) l’UE si è rimboccata le maniche per arrivare al 2050 in piena decarbonizzazione. In questo modo si ridurrebbe il rapporto carbonio-idrogeno basilare nel processo per creare energia. In base ai felici dati dell’Eurostat, l’Italia se la sta cavando tanto bene da poter aspirare ad un ruolo politico di primo piano in questo processo: le emissioni di CO2 dell’Italia sono infatti  inferiori del 21% alla media UE.

La grande promessa cinese

Intanto è recentissima la grande promessa cinese. In videoconferenza durante l’Assemblea Generale dell’ONU, il Presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato che la Cina raggiungerà la neutralità dal carbone entro il 2060. Precisamente si impegna, dopo un picco di CO2 calcolato entro il 2029, a ridurne le emissioni dal 2030. Un grande risvolto positivo considerando che la Cina attualmente si posiziona al primo posto per emissioni.

Il ruolo degli USA

Altri miglioramenti nella riduzione dell’inquinamento atmosferico arrivano dall’America. Gli Stati Uniti, agendo in piena autonomia dalle direttive del Presidente Trump, hanno abbracciato la causa green e si sono messi all’opera per ridurre entro il 2025 le emissioni del 26-28% rispetto al 2005. Ai 50 Stati, alle oltre 70 imprese e a quanti hanno sostenuto il programma va il merito del risultato raggiunto: nel 2017 gli Stati Uniti hanno registrato la più bassa emissione di gas serra degli ultimi 25 anni.

India: se le nuove leggi facilitano l’inquinamento atmosferico, che strada prendere?

Quanto all’India ci ha provato e ci vuole provare. I risultati erano dalla sua parte. Per la prima volta da 40 anni si stava registrando un considerevole calo delle emissioni. Le analiste Lauri Myllyvirta e Sunil Dahiya hanno studiato i dati ufficiali indiani dell’intero anno fiscale 2019-2020 e hanno riscontrato in questo arco di tempo una diminuzione di 30 milioni di tonnellate di CO2. La riduzione del consumo del carbone e del petrolio hanno fatto la loro parte nel campo dell’inquinamento atmosferico, ma non solo. Si tratterebbe infatti di un insieme fortunato di fattori: il rallentamento economico, l’aumento delle energie rinnovabili e gli effetti positivi del lockdown.

Purtroppo non sono tardate anche le conseguenze negative del Covid. Le norme sull’impatto ambientale redatte nel 2006, che avevano portato ai nobili risultati citati, sono state modificate per risollevare il paese dalla crisi. Allo stato attuale, sembra infatti che alle imprese converrà molto più inquinare che rispettare le norme di sostenibilità: i filtri per ridurre le emissioni verrebbero a costare molto più della multa annuale per inadempienza.

Si potrebbero però vagliare soluzioni per aggirare il problema e ridurre l’inquinamento atmosferico. Una in particolare potrebbe essere la sostituzione del classico carbone con il biochar. Si tratta di un carbone vegetale che contiene, sì, carbonio fino al 90%, ma non inquinerebbe l’atmosfera in forma di CO2. Il biochar resterebbe sul suolo e per le sue proprietà fertilizzanti inciderebbe positivamente sulla qualità del terreno. Consentirebbe inoltre anche un risparmio d’acqua e potrebbe essere riutilizzato nella produzione di compost grazie alla sua capacità di assorbire eventuali inquinanti.

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Mara Auricchio

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