Attualità

Chi ha detto che tutti i cani uccidono?

di 19 Marzo 2009Marzo 5th, 2017No Comments

Nella solita corsa alla notizia, allo scoop, alla tragedia che caratterizza le televisioni ed i giornali italiani, sfugge sempre qualcosa di più leggero e bello. In questi giorni si fa un gran parlare dei “randagi killer”, in Sicilia, come in Abruzzo, Emilia Romagna e Lazio (ma probabilmente, a ben guardare le cronache locali, si troverebbero episodi analoghi in tutti i Comuni italiani…). Sia ben inteso: un bambino è stato effettivamente ucciso dall’aggressione di un branco di randagi e, allo stesso modo, una turista tedesca è in gravi condizioni per lo stesso motivo.

Il problema è un altro: perché lasciarsi andare sempre alle generalizzazioni? Perché dover per forza cavalcare l’onda emotiva delle persone e cercare, a costo a volte di inventarle (o gonfiarle) storie analoghe in giro per il Belpaese, che possano supportare la tesi dei cani killer? E’ successo per gli extra-comunitari, i romeni (che, è bene ricordarlo, extra-comunitari non sono), i marocchini, gli albanesi, gli stupri, le rapine in villa… Ogni volta che succede un caso, se ne cercano frettolosamente altri simili per poter avvalorare la tesi del “sono tutti uguali” e creare, in questo modo, un senso di paura e terrore nei lettori.

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Ora è il momento dei cani. Non si vuole sostenere che quel particolare branco di cani randagi della cittadina di Modica sia innocuo, tanto è vero che, purtroppo, ha ucciso un bambino. Si vuole semplicemente ricordare, però, che non tutti i randagi sono così pericolosi o che, per esempio, molti di quei randagi sono cani abbandonati chissà quanto tempo fa da persone umane in carne ed ossa. E, inoltre, abbiamo voluto cercare, in mezzo a tutta questo trambusto di notizie tragiche, una notizia meritevole di citazione. A Treviso, è stato avviato un programma per cui i detenuti dell’istituto di detenzione per i minorenni si prenderanno cura dei cani randagi, educandoli e cercando una famiglia che possa ospitarli.

L’iniziativa mira a rendere i cani non aggressivi e rispettosi delle regole comportamentali di una casa e, allo stesso tempo, infondere ai giovanissimi detenuti quel senso di tranquillità e autocontrollo che la funzione di educatore impone. Dulcis in fundo, a fine attività, si potrebbero aprire per i minorenni in questione nuove prospettive di lavoro nell’ambito delle tecniche di addestramento, in modo tale da facilitarne al massimo l’integrazione nella società a fine pena. Non tutti i cani vengono per nuocere e gli uomini possono fare tanto per evitare alcune tragedie.

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Stefano Torelli

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