Da qualche anno a questa parte, i popoli tribali di tutto il mondo, che per secoli si sono visti sottrarre le loro terre ed hanno subito violenze e oppressioni di ogni tipo, stanno riportando una vittoria dopo l’altra nei confronti di governi e società che intendono sfruttare le risorse naturali presenti nei loro territori. Ora è tempo di buone notizie: a livello globale, la situazione sta migliorando ed esiste più di una ragione per essere ottimisti, come ha reso noto Survival International – organizzazione non governativa e non profit, che dal 1969 anni si batte per il riconoscimento dei diritti dei popoli nativi e non accetta denaro da alcun governo.

Innanzitutto, possiamo affermare che oggi le notizie delle sopraffazioni perpetrate ai danni dei popoli tribali fanno il giro del mondo e sono annoverate fra i titoli di testa di giornali e telegiornali. Ne è un esempio emblematico la tribù degli Yanomami in Brasile (foto in alto, Survival Int.): una campagna d’informazione internazionale ha garantito loro il diritto a vivere nella loro terra ancestrale – che è anche una delle maggiori aree protette del pianeta.

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I tribunali di tutto il mondo emettono sempre più sentenze che sono sia favorevoli ai nativi, sia vincolanti per i governi. I Boscimani del Kalahari (foto a lato, Survival Int.) sono riusciti, dopo una lunga battaglia legale, a ritornare nelle loro terre e a far riattivare il pozzo (che era stato costruito da loro e che forniva acqua potabile a tutta la comunità) che era stato sigillato illecitamente dal governo del Botswana. Il movimento per i diritti dei popoli nativi oggi è più vasto che mai. Le colline sacre dei Dongria Kondh in India, ad esempio, sono state salvate dello sfruttamento di una compagnia mineraria grazie ad un appello internazionale.

Fino a pochi anni fa, le tribù incontattate che morivano a causa di violenze e malattie portate dal mondo esterno, per l’opinione pubblica semplicemente “sparivano”. Oggi la maggior parte delle loro terre ancestrali rientra nelle aree protette e l’invasione delle terre tribali da parte di multinazionali o governi è vista, ormai, come una delle peggiori violazioni dei diritti umani. Per oltre 500 anni, l’opinione pubblica globale ha ripetuto che la sparizione dei popoli tribali era inevitabile e che era solo una questione di tempo. Ma, nonostante abbiamo oltremodo sofferto per secoli, la sparizione delle popolazioni tribali non è più data per scontata. Sempre più comunità tribali vedono riconosciuti i loro diritti e, dall’Amazzonia all’Asia, dalle Ande all’Australia, le tribù vivono nelle terre dei loro antenati, si evolvono secondo i loro ritmi naturali e progrediscono.

Oggi i popoli tribali vengono sempre meno etichettati come “primitivi” e “arretrati” e sempre più considerati “original scientists”, i primi scienziati del pianeta. Essi hanno sviluppato molti alimenti base che sfamano centinaia di milioni di persone – come le patate, che costituiscono la base alimentare del 15% della popolazione mondiale. Per non parlare del cioccolato, che si calcola sia utilizzato da circa 83 milioni di persone sul pianeta. La loro grande conoscenza botanica, inoltre, ha permesso all’industria farmaceutica di produrre molte medicine. Prima fra tutte l’aspirina, il cui principio attivo si ottiene dalla corteccia del salice bianco che i nativi americani, da sempre, facevano bollire contro il mal di testa – come si evince da questa interessante infografica.

Infine, è comprovato che le popolazioni tribali sono i migliori guardiani della natura e dell’ambiente. Nelle nazioni nelle quali i nativi sono stati autorizzati a vivere nelle loro terre, la copertura forestale e la biodiversità sono di gran lunga maggiori che in qualsiasi altro tipo di area protetta. Le popolazioni tribali celebrano ogni giorno una cosa che spesso noi dimentichiamo: che l’uomo non è separato dalla natura e non può esistere senza di essa.

“Dal 1969 l’atteggiamento del mondo “sviluppato” nei confronti delle popolazioni tribali è mutato oltre ogni migliore aspettativa”, ha dichiarato Survival Italia. “Prima, la scomparsa o l’assimilazione dei popoli tribali veniva data per scontata; oggi, almeno in alcune regioni, si comincia a riconoscere l’importanza della loro esperienza e dei loro valori, oltre che i loro diritti inalienabili alla vita e alla terra”. Ed ha concluso: “Siamo convinti che l’opinione pubblica possieda la forza per cambiare realmente le loro sorti. Grazie alla sua presa di posizione, per i governi e le aziende sarà sempre più difficile perseguitare le popolazioni tribali, e – un giorno – diventerà impossibile”.

Per approfondire:

India orientale: tribù ferma gigante minerario  

L’ONU dichiara l’acqua “diritto umano universale”

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Laura Pavesi

Laura Pavesi

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No Comments

  • Carletto ha detto:

    Sono notizie che mettono le cose un po´ in prospettiva e regalano un po´ di ottimismo in questi tempi cupi. Forse la soluzione alle crisi del consumo ci viene indicata ogni giorno dall´esempio di queste popolazioni e noi siamo così accecati che non riusciamo a rendercene conto.