Basta con gli aumenti a sorpresa delle rette per gli asili nido: lo ha stabilito il Consiglio di Stato, che ha esaminato un caso avvenuto nel Comune di Bologna. Da oggi, quindi, per le famiglie già provate da lavoro precario, affitti alle stelle e pressione fiscale, arriva una buona notizia: è vietato aumentare le rette, anche di 1 solo euro, nel periodo che va da settembre a giugno.

Il Consiglio di Stato con la Sentenza n. 4362 del 31 luglio 2012 ha riconosciuto il diritto dei genitori a considerare “invariato ed invariabile” l’esborso annuale per le rette dei propri figlioletti. Secondo quanto specificato nella Sentenza, il rapporto dei genitori con l’istituto è da accostarsi ad un “contratto di diritto privato”, che non può essere rivisitato mentre è erogata la prestazione già “acquisita”.

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Ma facciamo un passo indietro: era l’aprile 2011 quando il Comune di Bologna aveva stabilito un innalzamento delle quote di iscrizione per gli asili della città, al fine di reperire risorse per l’amministrazione pubblica.  Questo provvedimento estemporaneo aveva preso alla sprovvista i genitori, che si erano visti costretti a rovesciare il salvadanaio per assicurare ai propri figli giornate di apprendimento in compagnia dei loro coetanei.

La riforma delle rette avanzata dal Comune di Bologna riguardava le strutture pubbliche o convenzionate, le cui liste di ammissione vengono diramate, di regola, a fine estate. Nel testo dell’inasprimento delle quote di iscrizione, veniva specificato come le rette per i piccoli accettati nei nidi del capoluogo emiliano venissero scollegate dall’Indicatore della situazione economica equivalente (cioè l’Isee). Nei primi mesi del 2011, con la stretta dei trasferimenti centrali e la crisi generale di liquidità nelle tasche dei Comuni, era apparso inevitabile agli uffici comunali bolognesi ricorrere ad un aumento delle tariffe, proprio per scongiurare la chiusura di alcune strutture.

Questo provvedimento, però, secondo il Consiglio di Stato è andato a scontrarsi contro “il principio di affidamento”, cioè quella discipluina che stabilisce come il budget messo da parte dalla famiglia per l’iscrizione dei figli all’asilo non deve subire ritocchi in corso d’opera. Tradotto in parole semplici : l’innalzamento delle rette da parte del Comune, seppur in qualche modo giustificabile, non era affatto legittimo.

Il Consiglio di Stato, pertanto, ha riconosciuto il diritto dei genitori a considerare invariato ed invariabile l’esborso annuale per le rette dei propri figlioletti. Ciò accosta, secondo quanto specificato nella Sentenza, il rapporto dei genitori con l’istituto ad un “contratto di diritto privato”, che non può essere rivisitato mentre è erogata la prestazione “acquisita”.

Una puntualizzazione, quest’ultima, molto importante, che potrà avere ripercussioni anche in ambiti affini, sempre nel delicato legame tra cittadini e amminstrazione pubblica. Non è esclusa, inoltre, la possibilità, in casi analoghi, di ricorrere alla conciliazione presso un apposito organismo di mediazione.

Viene, infine, specificato come, a livello di emanazione di un provvedimento, le delibere con cui si determinano le tariffe dei servizi pubblici locali sono atti dotati di una propria autonomia rispetto al bilancio dell’ente locale e, dunque, impugnabili in sede di giustizia amministrativa.

Fonte:  www.leggioggi.it

 

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