Ore 16. La campanella della scuola segna la fine delle lezioni. Oggi è giorno di rientro. Non passa nemmeno un minuto che, dalle aule nelle quali fino a qualche istante fa regnava un laborioso silenzio, esplode un boato di voci e di grida. Qualche istante e un’onda blu, del colore dei tanti piccoli grembiulini dei bambini, irrompere scomposta e chiassosa nell’ampio cortile. Siamo in via Dolci, quartiere San Siro, Milano, tra i più eterogenei della città. A cavallo tra il futuristico e lussuoso complesso residenziale (ancora in costruzione) “City Life” frutto di un ambizioso progetto di riqualificazione urbana e un’area di edilizia pubblica, si erge, imponente come una cattedrale, la sede principale del plesso scolastico dell’Istituto Comprensivo Cadorna, famoso nel capoluogo lombardo, per essere tra le scuole più multietniche di Milano. Ovvero, quelle grazie alle quali Milano è diventata la Provincia italiana con il maggior numero di scuole con almeno il 50% di alunni stranieri. Per avere un’idea, basti pensare che nel solo nell’anno scolastico 2009/2010 la percentuale di bambini stranieri, nella sola scuola elementare di via Dolci si aggirava intorno al 53%, e le percentuali aumentano quando si guarda alla scuola dell’infanzia, che, secondo dati forniti dallo stesso Istituito, per lo stesso anno di riferimento sale alla significativa percentuale del 69%.

"Le Radici e le Ali"Non stupisce dunque, che proprio in questo istituto sia da pochissimi giorni partito un progetto dal significativo titolo “Le Radici e le Ali”. Fortemente voluto dal dirigente scolastico Giovanni Del Bene e da tutto il copro docente, il progetto intenderiqualificare” l’esperienza della multiculturalità nelle scuole e renderla uno stimolo alla sperimentazione per superare quell’idea negativa – ancora spesso diffusa- in merito alle scuole ad alta concentrazione di alunni di origine straniera.
Sono qui su invito del preside stesso, per assistere alla presentazione del progetto.
E’ una riunione piuttosto tecnica ma Del Bene ci tiene a divulgere la capacità progettualità della sua scuola.

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In attesa di entrare osservo questo grande mare di piccoli bambini che profuma di multietnicità. Sono figli di indiani, egiziani, marocchini, filippini, eritrei, ucraini, salvadoregni ma anche italiani (forse non sul passaporto ma sicuramente nella percezione del sé e nell’esperienza delle proprie vite). I loro volti sono quelli di una città e di una nazione che sta rapidamente mutando i suoi confini, divenuta orami casa di un numero sempre crescente di stranieri.

Del Bene è asciutto, combattivo. E mi dà l’idea di essere una canna di bambù che si piega ma non si spezza quando mi dice “l’intergrazione è un processo irreversibile ed inevitabile, che va controllato ma anche gestito nel modo migliore”. Ed è proprio questa l’intima ambizione di “Le Radici e le Ali”. Finanziato dal Fondo Europeo per l’Integrazione dei cittadini di Paesi terzi (FEI), il progetto si articola su vari piani e le azioni al suo interno promosse riguardano -a vario titolo- tutti gli attori coinvolti nel processo educativo degli studenti ma anche integrativo del territorio.

Così i docenti delle varie scuole partner verranno coinvolti nella formazione di gruppi di lavoro, ai quali prenderanno parte anche specialisti dell’Università di Milano-Bicocca, in un percorso di alta formazione sui temi dell’identità -culturale e pluriculturale- per la rielaborazione di percorsi educativi/didattici anche attraverso l’analisi e il confronto delle buone prassi già esistenti.
I ragazzi verranno avviati a “laboratori di alfabetizzazione” tenuti nelle loro lingue di origine, quale strumento per rafforzarne il processo di costruzione d’identità personale e culturale. I genitori (italiani e stranieri), anche grazie al supporto di associazioni già operative sul territorio, saranno invece coinvolti in una serie di attività di stampo interculturale. Ovviamente, un sostegno speciale sarà dedicato al ruolo genitoriale degli stranieri (dal councelling psicologico, ai corsi di lingua italiana, alla creazione di uno spazio bimbi 0-3 anni e molto altro) e alle loro capacità di partecipazione attiva e di rappresentanza all’interno della vita scolastica dei propri figli.Infine il porgetto si completerà con la messe in atto di tavoli tecnici tra istituzioni, soggetti del territorio, volti alla promozione e al confronto sui temi della scuola multiculturale.

Le Radici e le Ali”. Un titolo indovinato penso, all’interno del quale sta tutta l’ambizione di una scuola (un plesso scolastico, per l’esattezza) e dei suoi attori di valorizzare, da una parte, le tradizioni identitarie che compongono questo eterogeneo territorio così frammentato dalle diffidenze culturali e da un diffuso disagio. E dall’altra, la volontà di librare le ali della multi-culturalità per contribuire alla realizzazione di una cittadinanza che possa definirsi a buon diritto pluriculturale.
Serviranno, e molto, sia radici che ali, a questi coraggiosi promotori di futuro, per permettere che l’integrazione (e non solo di un quartiere) si trasformi, da un difficile processo di divisione, a sorgente di identità comune, basata sulla libera condivisione del patrimonio culturale di ogni gruppo etnico ed individuo.

 

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