«Quale giorno vorreste cancellare dalla vostra vita?», hanno chiesto ai malati di un ospedale londinese. Quello della diagnosi infausta, è stata la prima risposta. Un verdetto di tumore, per esempio, è una fucilata che piega le gambe. Ma la malattia non porta via emozioni e sentimenti: il medico può gettare un ponte tra l’imbarazzato silenzio del paziente e il benefico rumore dell’esistenza. Come dev’essere questo medico? «Deve capire la sofferenza», ripete da anni il grande oncologo Gianni Bonadonna. E qual è la prima cosa da fare? «Sostituire la parola paziente con la parola persona», dice Umberto Veronesi…
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