Conflitti e fame sono entrambe cause e concause che andranno sempre di pari passo, in un intimo legame in cui l‘uno genera l’altro e viceversa.

 

La scelta di insignire con il Premio Nobel per la Pace l’agenzia che si occupa dell’assistenza alimentare in questo delicato momento storico sembra assumere un valore quanto mai significativo.

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Il 9 ottobre il Norwegian Nobel Commeetee ha consegnato il rinomato premio Nobel per la Pace al World Food Programme (WFP) – agenzia istituita dall’ONU nel 1965 con sede a Roma – per l’impegno profuso a livello internazionale nella lotta contro la fame.

«Per i suoi sforzi per combattere la fame, usata come arma di guerra. Per il suo contributo al miglioramento delle condizioni per la pace in aree colpite da conflitti e per il suo agire come forza trainante per evitare l’uso della fame come arma di guerra e di conflitto». Queste sono state le parole proferite dal Comitato dei Nobel per motivare la scelta, forse inaspettata, del WFP su 318 candidati autorevoli, tra cui Greta Thunberg alla sua seconda nomination, l‘Organizzazione Mondiale della Sanità, il gruppo di attivisti di Hong Kong, e il dissidente russo Alexei Navalny.

La pandemia, e la sofferenza mondiale ingenerata da questo male che sta conducendo le economie verso crisi profondissime e difficili da risanare in tempi brevi, si sta già ripercuotendo sulla presenza, sulla disponibilità e sulla fruizione di cibo in quelle zone del mondo già afflitte da povertà. Questa situazione attuale si va a sommare poi all’eccessivo e selvaggio sfruttamento ambientale che sta conducendo all‘inevitabile indebolimento ed impoverimento delle biodiversità, che si traduce in crisi delle risorse, ed è proprio in questo scenario che la decisione di premiare con il Nobel per la Pace il Programma Alimentare Mondiale rappresenta un’importante scelta etica sia dal punto di vista ambientale, che da quello economico e sociale.

Risulta quanto mai fondamentale adesso insistere su aspetti quali la lotta contro gli sprechi, la salvaguardia delle biodiversità, e ancora il sostegno ai piccoli produttori agricoli: solo attraverso questi interventi risulta possibile raggiungere, come auspica l’ONU entro il 2030, l’obiettivo fame zero. Obiettivo questo che risulta essere alquanto lontano dal momento che le persone senza cibo a sufficienza nel mondo sono 690milioni, quasi un decimo della popolazione globale.

Grazie al suo intervento il WFP assiste una media di 100 milioni di persone in 80 paesi nel mondo, paesi devastati da guerre, da pressioni economiche, da shock climatici come siccità, inondazioni, terremoti, che ora subiscono, come se non bastasse, le gravi conseguenze della pandemia. Ed è proprio l’opera svolta in quest’ultimo anno che ha fatto accendere i riflettori su questa agenzia: mentre il mondo si fermava e anche i sistemi di trasporto e collegamento su cui contano gli operatori umanitari per raggiungere le zone di crisi ha subito le conseguenze di tale arresto, il WFP, potendo disporre di un’ampia esperienza nella risposta alle emergenze, è riuscita a garantire la copertura di tantissime aree fornendo i sussidi alimentari e sanitari di cui necessitavano.

Con questo premio inoltre il comitato norvegese, come ha spiegato il suo portavoce Berit-Reiss Andersen, vuole esortare le comunità internazionali a non sottrarre finanziamenti a questa e ad altre organizzazioni che si occupano appunto della lotta alla fame e alla malnutrizione, ponendo l’accento sull’importanza, ora come non mai, della solidarietà internazionale.

Conflitti e fame sono entrambe cause e concause che andranno sempre di pari passo, in un intimo legame in cui l‘uno genera l’altro e viceversa. Per spezzare questo circolo vizioso si dovrebbe intervenire in maniera risolutiva su una delle due. E se le guerre sono mosse da interessi soprattutto da parte di forze che vedono nel conflitto opportunità economiche, allora intervenire sulla fame potrebbe finalmente interrompere questo iniquo legame. Come ha ricordato David Beasley – direttore esecutivo del WFP – “Senza la pace non potremo raggiungere l’obiettivo globale di fame zero nel mondo, e finché ci sarà fame, il mondo non vedrà mai la pace”.

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Mario Rigo

Mario Rigo

Mario Rigo è stato manager per importanti aziende internazionali nel mondo del Luxury Goods. Attualmente ha una società di consulenza strategica e formazione nel mondo retail. Ha scritto per L’Adriatico e Lo Jonio. Oggi collabora con BuoneNotizie.it grazie allo stage annesso al percorso di formazione dell'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo per diventare giornalista pubblicista.

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