La vetta del K2, rimasta inviolata nel periodo invernale, è stata conquistata.

Una squadra di scalatori nepalesi è entrata il 16 gennaio nella storia dell’alpinismo. Saranno ricordati come il primo team di scalatori che ha conquistato la vetta del K2 invernale. Una sfida che, durante le scorse settimane, in piena emergenza Covid, ha coinvolto sessanta alpinisti divisi in quattro squadre.

Chi ha conquistato la cima invernale del K2?

I 10 alpinisti che hanno conquistato il K2 invernale

I 10 alpinisti nepalesi che hanno conquistato il K2 invernale

La storia dell’alpinismo e dell’uomo ha da qualche giorno una nuova pagina. A scriverla sono stati i 10 alpinisti nepalesi, che hanno voluto compiere l’ultimo passo tutti insieme: aspettandosi pochi metri sotto il traguardo, affinché i piccoli gruppi di scalata fossero riuniti in un’unica grande squadra per raggiungere tutti insieme la vetta (8609 metri).

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La via invernale verso la vetta

Il K2 è una montagna difficile da scalare anche nei periodi dell’anno più favorevoli. In inverno conquistare la vetta è ancora più difficile. Le temperature sono estreme e diminuiscono le possibilità di “finestre meteorologiche” favorevoli. Secondo Reinhold Messner, l’ascensione del K2 è ancor più difficile di quella dell’Everest: sulla vetta i venti possono soffiare a una velocità di 200 km/h e la colonnina di mercurio può toccare anche i meno sessanta gradi.

La spedizione invernale ha seguito una delle vie considerate meno impegnative, quella dello Sperone degli Abruzzi. La via è così chiamata in onore di Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, Duca degli Abruzzi, che la esplorò per primo all’inizio del Novecento. Si sviluppa lungo la cresta sud-est, in territorio pakistano, con un dislivello (dal campo base) di oltre 3000 metri. Gli alpinisti, per questa spedizione, hanno organizzato quattro bivacchi, l’ultimo dei quali, Campo 4, a una quota di circa 7.800 metri. Gli scalatori che hanno raggiunto la vetta, sono partiti da questo Campo la notte del 15 gennaio, e hanno raggiunto la cima nel pomeriggio del giorno dopo. Ore ed ore di interminabile fatiche che, dopo aver superato l’ultimo pericoloso passaggio chiamato “Collo di Bottiglia”, caratterizzato da imponenti seracchi di ghiaccio, li hanno condotti alla cima.

Dalla conquista italiana del 1954 alle spedizioni invernali

Il K2 fa parte della catena del Karakorum, che divide la Cina dal Kashmir, e fu conquistato per la prima volta in assoluto da una spedizione italiana, il 31 luglio del 1954. A calpestare per la prima volta al mondo la vetta furono gli alpinisti Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, ma con l’essenziale contributo di Walter Bonatti e Amir Mahdi che, come appurato alcuni decenni dopo, portarono le bombole d’ossigeno che avrebbero utilizzato nell’ultimo tratto dell’ascesa.

Dopo un primo tentativo del 1987, solo poche spedizioni hanno provato a scalare in inverno la seconda montagna più alta del mondo. Mai nessuno aveva superato la quota di 8000 metri sul K2 in inverno. Gli alpinisti polacchi Krzysztof Wielicki e Denis Urubko, tra i più grandi himalaysti di tutti i tempi, ci provarono due volte: nel 2002 e nel 2017. Il primo ottomila a essere scalato d’inverno fu l’Everest, proprio da Wielicki e insieme a Leszek Cichy, nel 1980. Nei trentasei anni successivi furono conquistate in invernale tutte le altre vette sopra gli altri ottomila. L’ultimo, prima del K2, era stato il Nanga Parbat il 26 febbraio 2016: sulla sua vetta l’italiano Simone Moro, lo spagnolo Alex Txikon ed il pachistano Ali Sadpara.

“K2”: nato da un errore, capace di modificare una lingua

Il nome K2, non molti lo sanno, sta ad indicare “Karakorum 2”, cioè seconda cima (per altezza) della catena del Karakorum. Il nome fu assegnato dal colonnello Thomas George Montgomerie, membro del gruppo guidato dal geografo inglese Henry Haversham Godwin-Austen, che nel 1856 effettuò i primi rilevamenti. Il “2” nacque però da un errore di misurazione dell’altezza della vetta. Come K1 venne inizialmente indicato il Masherbrum, che invece è considerevolmente più basso, (solamente, si fa per dire, 7821 metri). L’unica giustificazione per cui ha mantenuto il nome anche in seguito alla scoperta della sua effettiva altezza, è perché risulta come 2° vetta più alta al mondo.

In lingua balti (lingua tibetana), il K2 è conosciuto storicamente come ChogoRi, dall’unione delle parole balti chhogo (grande) e ri (montagna). Ultimamente però, il nome K2, pronunciato in balti “Ke-tu” si sta sempre più diffondendo tra la popolazione locale. Addirittura per i Balti il termine Ketu sta assumendo il significato di “picco elevato”.

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Paolo Guidali

Paolo Guidali

Paolo Guidali, blogger e aspirante pubblicista. Ha scritto per Varese Press e oggi collabora con BuoneNotizie.it grazie allo stage annesso al percorso di formazione dell'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo per diventare giornalista pubblicista.

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