Con la chiusura delle scuole, remote working e figli a casa sono un binomio difficile da gestire; ma esistono delle soluzioni.

Il remote working è una nuova modalità di gestire il lavoro e ha permesso a molte persone di continuare a farlo nonostante l’emergenza sanitaria. Tutto semplice, in teoria. Ma cosa succede quando si è in riunione su Zoom, arriva il bambino di 4 anni e interrompe tutto dicendo: “Mamma, ho fame!“? Alcuni capiranno e semplicemente si faranno una risata; tuttavia, la questione è più complicata e ha radici profonde: i bambini, a casa tutti i giorni, non stanno bene. Hanno bisogno di una routine e la pandemia ha scombussolato la loro, rendendoli irrequieti e insoddisfatti. Cosa possono fare i genitori, quindi, per coniugare il lavoro da remoto e il benessere dei figli? Buonenotizie.it ha intervistato Antonio Piotti, psicoterapeuta all’Istituto di analisi dei codici affettivi ‘Minotauro’, per analizzare il fenomeno.

Remote working e figli a casa: perché è così difficile trovare soluzioni

Il binomio lavoro da remoto-figli in casa è difficile da gestire. Sul perché, Antonio Piotti dichiara: “Le famiglie italiane non sono più abituate ad avere i figli in casa e a mettere in atto un vero dialogo educativo con loro. La questione è stata delegata ad alcune strutture istituzionali: nidi, scuole materne, scuole elementari, ecc. La sera poi, quando i ragazzi sono a casa, è più frequente che usino qualche dispositivo elettronico piuttosto che parlino con i genitori. Questo produce uno scollamento generazionale che rende molto difficile e talora impedisce un sano progetto educativo. Il remote working potrebbe essere una bella occasione di riavvicinamento, ma, nella maggior parte dei casi, ha creato soprattutto una reazione di sconcerto reciproco: chi è questo marziano?“.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Allora cosa possono fare i genitori?: “Condividere i loro giochi, comprendere le fatiche dello studio coinvolgere i figli nelle loro attività e promuovere esperienze culturali (vedere un film insieme o ascoltare musica). Esperienze di questo genere riducono le distanze, facilitano la maturazione e permettono confronto e discussioni. Non si può risolvere tutto con lo scambio verbale: ‘com’andata a scuola oggi?’ – ‘bene’ – ‘cos’avete fatto?’ – ‘niente’“. L’Istituto Minotauro, per esempio, promuove occasioni di formazione sul ruolo materno e su quello paterno e affianca i genitori che chiedono aiuto.

Di seguito la traduzione della tabella del sito americano The National Child Traumatic Stress Network proposta dall’Istituto Beck, per capire come rispondere in modo adeguato alle reazioni dei bambini.

istituto beck traduzione tabella

Traduzione tabella Istituto Beck

Creare una (nuova) routine giornaliera

L’Università di Oxford ha scoperto che i genitori di bambini di età compresa tra i 4 e i 10 anni, dopo aver trascorso un mese in lockdown, avevano notato in loro un incremento dei comportamenti negativi della sfera affettivo-emotiva, come irrequietezza, preoccupazione e attaccamento. Come si risolve? Creando una nuova e solida routine giornaliera.

La professoressa Ann Buchanan dell’Università di Oxford propone un modello “a quattro B” per creare una più sana routine (traduzione proposta dall’Istituto Beck):

  • Busy (occupato): cercare attività che tengano occupati i bambini (e che non comprendano l’utilizzo costante della tecnologia)
  • Brain (cervello): le scuole hanno il compito di proporre progetti di lavoro ai quali i bambini devono dedicarsi con i compagni ma anche individualmente
  • Body (corpo): è indispensabile fare sport, anche tra le mura domestiche
  • Buddies (amici): lasciare che i figli si colleghino ai social network per mantenere i rapporti con gli amici, monitorandoli ed evitando che quest’attività riempia l’intera giornata

Ascolto, condivisione, adattamento e iniziativa sembrano quindi essere le soluzioni al problema di gestione remote working + figli a casa. E anzi, questo nuovo connubio che spaventa un po’ potrebbe rivelarsi la chiave per riconnettersi ai propri figli, creando un rapporto più forte grazie al dialogo e a nuove tradizioni tutte in famiglia.

Leggi anche:

Quando il nomadismo digitale apre nuove vie al turismo

10 consigli per uno stile di vita sano, anche in smart-working

 

Condividi su:
Sofia Greggio

Sofia Greggio

Sofia Greggio. Correttrice di bozze, editor e ghostwriter, ho seguito corsi di editoria come lettura professionale, scouting e consulenza editoriale e un master in scrittura creativa. Oltre al mondo dei libri, sono appassionata di civiltà orientali e infatti studio Antropologia all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici