Sabato 4 marzo 2023, i delegati ONU della Conferenza intergovernativa per la conservazione della biodiversità marina delle aree oltre la giurisdizione nazionale, in inglese BBNJ, hanno raggiunto un accordo storico sulla protezione degli oceani e della biodiversità marina nelle acque internazionali.

In particolare, l’intesa mira a proteggere il 30% delle acque, stanzia maggiori fondi per la conservazione dell’ambiente marino e prevede nuove regole per l’estrazione mineraria in alto mare.

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Attraverso il proprio portavoce, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha dichiarato che l’accordo sarà fondamentale per affrontare la triplice crisi del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento. “Questo traguardo è una vittoria per il multilateralismo e per gli sforzi globali incentrati sul contrasto delle azioni distruttive che affliggono la salute degli oceani, ora e per le generazioni a venire.

L’intesa rappresenta il punto di arrivo dei lavori iniziati dalle Nazioni Unite nel 2004.

Qual è lo stato di salute degli oceani

Quasi due terzi degli oceani e dei mari del pianeta si trovano al di fuori dei confini nazionali degli Stati, la cui autorità legale si estende generalmente fino a 200 miglia nautiche dalle proprie coste. Al di là di queste 200 miglia nautiche si trova l’alto mare, un’enorme distesa d’acqua gestita con regole fumose e frammentarie, non sottoposta alla sovranità di alcun Paese.

Per questo motivo, gli Stati tendono a sfruttarlo maggiormente rispetto alle acque costiere. Attualmente, infatti, visto che solo l’1,2% è protetto, tutti i Paesi possono navigare, pescare e condurre ricerche scientifiche in alto mare senza particolari limitazioni. La crescente portata delle navi da pesca e da trasporto, la minaccia dell’estrazione mineraria in profondità e le attività di “bioprospezione”, ossia di studio e di esplorazione della biodiversità marina per scopi scientifici e commerciali, fanno sì che questi mari siano minacciati come mai prima d’ora.

Gli ecosistemi oceanici, però, coprono oltre la metà della superficie terrestre, custodiscono oltre l’80% delle specie viventi conosciute, assorbono l’anidride carbonica e producono metà dell’ossigeno che respiriamo.

Le norme frammentarie che regolano l’alto mare, lo sfruttamento e l’inquinamento rischiano seriamente di mettere a repentaglio la salute dei nostri oceani, tanto che l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura stima che quasi il 10% delle specie marine sia a rischio di estinzione.

Cosa prevede l’accordo sulla protezione degli oceani e della biodiversità marina

L’accordo fornirà un quadro giuridico per la creazione di estese aree marine protette (AMP) che permetteranno di contrastare la perdita di biodiversità. Prevede inoltre di regolamentare lo sfruttamento del materiale genetico di piante e animali marini che vivono in mare aperto, spesso utilizzati per la produzione di farmaci e cibo, ma anche per alcuni processi industriali. Infine, mira a proteggere gli impatti derivanti da un’attività invasiva come l’estrazione mineraria, che provoca l’alterazione dei sedimenti, l’inquinamento acustico e il danneggiamento delle zone di riproduzione degli ecosistemi marini.

Ciò significa che tutte le attività che si svolgono in alto mare saranno soggette a valutazioni di impatto ambientale e che gli Stati membri dovranno rispondere delle proprie azioni.

Finora non esisteva alcun meccanismo legale per istituire aree marine protette in alto mare, anche se bisogna specificare che il nuovo accordo non istituirà automaticamente nuove aree di protezione marina, ma darà vita a un meccanismo che consentirà alle nazioni di iniziare a designarle per la prima volta nelle acque internazionali. Questa misura è fondamentale ai fini degli obiettivi raggiunti lo scorso anno alla Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità, la COP15 di Montréal, al termine della quale, i delegati si sono impegnati per proteggere quasi un terzo della terra e degli oceani entro il 2030.

L’intesa, inoltre, istituirà una conferenza delle parti (COP) che si riunirà periodicamente e consentirà agli Stati membri di essere chiamati a rispondere delle questioni che riguardano la gestione delle aree marine protette e la salvaguardia della biodiversità marina.

Il nuovo accordo è il primo di questo tipo a proteggere gli oceani dal 1982, anno in cui fu adottata la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS).

Nonostante la portata del traguardo raggiunto, c’è ancora molta strada da fare. Per entrare in vigore, infatti, il trattato dovrà essere adottato formalmente nel corso di una prossima seduta delle Nazioni Unite e diventerà effettivo solo quando un numero sufficiente di Stati, 60, lo avrà sottoscritto e approvato legalmente nei propri Paesi.

Per facilitare il processo, la Commissione Europea, come annunciato dal commissario Virginijus Sinkevičius, ha fissato 39 obiettivi per la protezione e la governance internazionale degli oceani, che verranno finanziati con 816 milioni di euro.

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Marzio Fait

Marzio Fait

Marzio Fait. Mi occupo di comunicazione per il non-profit. Ho partecipato come observer alla COP 27 e alla COP28. Mi occupo di attualità, di diritti umani e di giustizia climatica. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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