L’analisi dei wet market: i rischi correlati e le soluzioni per renderli meno pericolosi

Cosa sono i wet market?

Il termine inglese “wet market”, tradotto in italiano “mercato bagnato”, è una tipologia di mercato alimentare, ampiamente diffuso in Asia orientale, dove si commercializzano animali e vegetali. Molto diffusi, e non sempre legali, sono frequentati dai locali e fotografati dai turisti, soprattutto in Cina, Thailandia, India e Vietnam.
Il nome deriva dal fatto che i pavimenti di questi mercati sono costantemente bagnati. Escrementi, viscere e sangue degli animali che vengono macellati sul posto, si uniscono al ghiaccio, dei banchi del pesce, e all’acqua che viene utilizzata quotidianamente per lavare via il tutto.

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Cosa vendono sui loro banchi?

Sofferenza, paura e dolore, ben mescolati con cultura, medicina tradizionale e mancanza di norme igieniche. Sui banchi dei wet market troviamo, oltre ai vegetali,  pesci, pangolini, ratti, cani, volpi, coccodrilli, cuccioli di lupo, tartarughe, serpenti e molti altri animali esotici, spesso anche di specie protette. Gli animali, purtroppo, vengono detenuti vivi all’interno di piccole gabbie accatastate l’una sull’altra, e macellati o mutilati sul posto, in base alla richiesta del cliente.

Wet market: incubatori di malattie senza norme igienico-sanitarie

Oltre ad essere una pratica crudele verso gli animali, si sviluppa un “terreno di coltura” perfetto per malattie infettive di vario genere. Lo stretto contatto con l’uomo, inoltre, crea un’ottima occasione perché si verifichi lo “spillover” (“salto di specie” del virus dall’animale all’uomo). Senza contare la completa mancanza di norme igienico-sanitarie che, come conferma Vincent Nijman, ricercatore della Oxford Brookes University: “spesso -nei wet market- manca del tutto l’igiene di base, con lo stesso coltello e lo stesso piano di lavoro utilizzati per ogni pezzo di carne, e nessuno che indossa guanti o si lava le mani”.

Perché sono così diffusi?

I wet market fanno parte della cultura e della tradizione di molti Paesi dell’Est Asiatico, ma non è solo questa la causa della loro ampia diffusione. Tendiamo a vedere la Cina, paese in cui i wet market sono molto diffusi, come un colosso economico e tecnologico, ma la realtà è ben diversa. L’uso del frigorifero, che in Italia fa ormai parte dell’arredamento domestico da decenni, in Cina è particolarmente recente e non ancora capillarmente diffuso.
Ancora oggi nei piccoli centri rurali vivono senza frigoriferi, da qui l’acquisto pesci e carni macellati sul posto, diventano sinonimo e garanzia di freschezza. Per questo una mancanza “tecnologica” è diventata più volte una problematica sociosanitaria mondiale.

Chiusura dei wet market?

La chiusura dei mercati bagnati creerebbe necessariamente nuove problematiche associate alle politiche di sostenibilità alimentare; soprattutto per i paesi rurali, dove la compravendita di animali selvatici a scopo alimentare sono spesso alla base della loro economia. Elizabeth Maruma Mrema, Responsabile della Biodiversità delle Nazioni Unite, che si è espressa a favore della chiusura dei wet market, ha però sottolineato: “dovranno essere proposte delle alternative. Non si deve incentivare il mercato nero (e illegale) di animali selvatici, che già ora sta mettendo molte specie in pericolo di estinzione“.

La Malesia, considerata la gravita della pandemia di Covid-19, ha preso l’importante decisione politica, nel marzo di quest’anno, di chiudere definitivamente i wet market. La Cina, che dopo una chiusura iniziale di tutti i wet market (durante il periodo di quarantena), dall’8 aprile ne ha permesso la riapertura con maggiori controlli e restrizioni: vietata la vendita di animali selvatici e protetti; l’opinione pubblica cinese sta iniziando ad associare queste tipologie di mercato a qualcosa di pericoloso, e si è registrato un notevole calo degli acquisti.

Rendere i wet market più salubri

Un passaggio intermedio alla chiusura, può essere una migliore progettazione degli edifici. Mantenere tutti i mercati al chiuso, creando zone separate per i capi di bestiame, le carni, i pesci ed i vegetali; oltre ovviamente la stesura di regolamenti di pulizia obbligatori, come già adottati a Singapore, Hong Kong ed in Corea del Sud.

Un primo passo potrebbe anche essere l’uso di microrganismi efficaci (EM) per il pretrattamento delle acque reflue dei mercati umidi. Il Dipartimento di Ingegneria e Biotecnologica dell’Università Islamica Internazionale della Malesia ha condotto uno studio, ed i risultati sull’abbattimento della proliferazione di virus e batteri sono positivi. I microrganismi efficaci agiscono sottraendo alle acque reflue l’ossigeno necessario a molti virus e batteri: -30%  in circa 4 ore; gli studi sono stati eseguiti presso il wet market di Selayang, la capitale del distretto di Gombak, Selangor, Malesia.

Smettere di creare sofferenze inutili agli animali e limitare al massimo nuove pandemie sono due punti cardine per un mondo più civile.

Scarica il PDF dello studio sui microrganismi efficaci (lingua ingelese)
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Paolo Guidali

Paolo Guidali

Paolo Guidali, blogger e aspirante pubblicista. Ha scritto per Varese Press e oggi collabora con BuoneNotizie.it grazie allo stage annesso al percorso di formazione dell'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo per diventare giornalista pubblicista.

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