Abuso di alcol e coronavirus. Così si sono modificati abitudini e comportamenti durante il lockdown.

Solitudine da quarantena

“La solitudine ha indotto o accentuato certe dipendenze. Questa condizione di isolamento ha alzato il livello di stress e le persone hanno “risolto il problema” aumentando i loro comportamenti compulsivi, come anche il consumo di alcol e droghe. Nella fantasia si è convinti di poter controllare quest’uso, ma nella realtà è un’illusione”. Raffaele Lovaste, psicoterapeuta e Direttore dell’Istituto Europeo per le Dipendenze (IEuD), si è così espresso riguardo la problematica dell’abuso di alcol durante la pandemia da coronavirus. A conferma della gravità della situazione, lo stesso IEuD (uno dei primi istituti strutturati per fornire assistenza online), ha confermato di aver ricevuto numerose richieste d’aiuto e di aver offerto supporto a molti Italiani.

Secondo i dati  sui consumi di alcol durante la pandemia da coronavirus diffusi dalla Fondazione Veronesi, il 42,34% degli intervistati ha dichiarato di bere di più dall’inizio del lockdown, il 39,78% non ha modificato la frequenza dei consumi, mentre solo il 17,88% ha diminuito il consumo di bevande alcoliche. Molti lavoratori in smart-working, che prima del coronavirus consumavano alcol solo a cena,  con il lockdown hanno aggiunto gli alcolici alla pausa pranzo, raddoppiando così il proprio consumo giornaliero.

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Grafico sul consumo di bevande alcoliche durante la pandemia

Dati diffusi dalla Fondazione Veronesi

Dipendenze differenti in base al sesso e all’età

Le dipendenze si sviluppano, generalmente, in modo differente in base al sesso e all’età. Gli uomini, secondo gli studi effettuati proprio durante il lockdown dallo IEud, risultano più inclini alla dipendenza da droghe: soprattutto cocaina. Le donne sviluppano perlopiù particolari dipendenze affettive legate al timore di rimanere sole. Tra i più giovani e gli adolescenti prevalgono le dipendenze da extasy, cannabinoidi e metanfetamine. Per ambo i sessi e senza nette distinzioni d’età, invece, con il coronavirus è aumentato considerevolmente, e in modo preoccupante, l’abuso di alcol. Supermercati e negozi hanno registrato il 180% di aumento delle vendite di alcolici e superalcolici che in parte sono andati a incrementare anche il fenomeno del “neknomination”: una vera e propria gara – diffusa tra i giovani – a chi riesce a “scolarsi alla goccia” una bottiglia di alcolici o superalcolici in videochat, diretta streaming o pubblicando un video registrato.

Alcol e coronavirus: analizzare i rischi per prevenirne gli sviluppi

Una seconda ondata di coronavirus, da alcuni virologi prevista tra qualche mese, rischierebbe quindi di incrementare il fenomeno. Oltre al problema sanitario e alle conseguenze economiche connesse a un possibile nuovo lockdown, si aggraverebbe la situazione di stress che ha veicolato, fra le dipendenze, anche l’incremento dell’abuso di alcol.  Come sottolinea il Ministero della Salute, quindi, il rischio sanitario andrebbe a braccetto con una possibile piaga sociale: l’alcolismo. Unito a una serie di reazioni a catena. In molti Paesi, basti pensare a quelli dell’ex Blocco Sovietico, dove si registra il più alto consumo di alcol pro-capite (dati OMS del 2014), sono molto più frequenti gli episodi di violenza domestica, le violenze sessuali e gli abusi.

L’impatto dei media sulla realtà. Notizie allarmanti e fake news: ridurle per stare meglio

L’approccio catastrofista con cui i media presentano le notizie, non aiuta certamente ad alleviare lo stress, che tende a incrementare l’abuso di alcol e dipendenze. Lo sottolinea il portale EpiCentro dell’Istituto Superiore di Sanità secondo cui: “Gli studi dimostrano che esiste una chiara relazione tra ansia e alcoldipendenza. Sia il consumo prolungato di alcol che la sua sospensione sono associati a una maggiore incidenza di ansia. (…) Per combattere l’ansia può essere utile stare lontano dai social media o limitare la quantità di tempo giornaliero dedicato all’informazione.”

Forte anche l’impatto delle fake news, ampiamente diffuse sui Social Network proprio durante il lockdown. L’alcol e in particolare il resveratrolo (sostanza contenuta nel vino), è stato più volte citato addirittura come “mezzo di difesa” dal covid-19. La gravità della situazione sanitaria attuale ha portato il Ministero della Salute a sviluppare una pagina web dedicata, dove è possibile trovare in ordine cronologico le smentite scientifiche alle principali notizie ingannevoli: Covid-19 – Attenti alle bufale. L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha svolto accurati studi e rilasciato diverse pubblicazioni, liberamente scaricabili e consultabili. L’impatto del problema, peraltro, è stato ampiamente riconosciuto anche all’estero. Per contrastare il problema delle fake news legate al coronavirus, in alcuni Paesi sono state emanate apposite leggi: in Sud Africa, diffondendo false notizie sul covid-19 si rischiano 6 mesi di reclusione; negli Emirati Arabi fino a 5 anni e l’espulsione dal Paese.

Rovesciare le fake news per rimettere in piedi la realtà. Contrastare l’abuso di alcol aiuta a proteggersi dal coronavirus

Importante sottolineare, in accordo con le campagne di sensibilizzazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che le bevande alcoliche possono rendere le persone più vulnerabili al coronavirus. Contrariamente a quanto sostenuto dalle diverse fake news sul tema, l’alcol non rafforza, ma compromette il sistema immunitario rendendolo più vulnerabile. Come sottolineato dall’ISS, l’azione più responsabile da intraprendere per arginare il problema, sarebbe ridurre al minimo il consumo di alcol durante la pandemia. Le persone che già manifestano problemi generali di salute, invece, dovrebbero astenersi totalmente dal consumo di bevande alcoliche. Questo per non esporsi maggiormente al rischio di contrarre il virus. Quanto all’informazione, rimane valido più che mai il principio di precauzione: laddove l’evidenza scientifica non sia esaustiva o definitiva, la cosa migliore è adottare un approccio prudenziale.

Come fare per…

Per chi si accorga che il lockdown ha portato, o aggravato, disturbi compulsivi come l’abuso di alcol o  di droghe, le risposte e le soluzioni abbordabili sono diverse e vanno dalla richiesta di aiuto all’Istituto Europeo per le Dipendenze, alla possibilità di contattare il Telefono Verde Alcol dell’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga o il Centro Aiuto per le Dipendenze. Tra le alternative possibili, ci sono anche nuovi percorsi come il progetto di peer education portato avanti da Elsa Radaelli. Degno di essere maggiormente conosciuto anche il progetto “Planet Youth” per sconfiggere le nuove dipendenze: un programma governativo che nasce dall’applicazione del modello islandese.

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Paolo Guidali

Paolo Guidali

Paolo Guidali, blogger e aspirante pubblicista. Ha scritto per Varese Press e oggi collabora con BuoneNotizie.it grazie allo stage annesso al percorso di formazione dell'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo per diventare giornalista pubblicista.

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