L’invasione russa dell’Ucraina, iniziata a fine febbraio, sta avendo ripercussioni di carattere mondiale anche nel campo della cultura, oltre che della politica e dell’economia. Dopo il ritiro del Padiglione Ucraina alla 59esima Biennale d’Arte di Venezia, prevista per il 23 aprile, seguono gli artisti russi con la loro sezione. Una fetta storica, quella russa, che espone ai Giardini dal 1913 e che, così facendo, esprime il suo dissenso alla guerra.

L’artista Pavlo Makov ed i curatori ucraini Lizaveta German, Maira Lanko e Borys Filonenko si ritirano per via delle enormi difficoltà organizzative sorte a causa dell’attacco alla Nazione. Oltre che per via degli aeroporti bloccati e delle città dilaniate, soprattuto per la possibile minaccia alle loro stesse vite. Artisti, attivisti e giornalisti sono infatti la fascia più a rischio anche secondo la Fondazione Izolyatsia, identità dell’arte contemporanea ucraina.

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Il Padiglione Russia e la sua assenza

La chiusura del Padiglione Russia per la 59esima, è spiegata dal curatore lituano Raimundas Malašauskas come una forma di protesta contro la guerra. Lo esprime nel comunicato delle dimissioni al suo incarico, definendo intollerabile l’attacco russo e impossibile proseguire i lavori del progetto espositivo.

Una protesta silenziosa, quella di Malašauskas e degli artisti russi Alexandra Sukhareva e Kirill Savchenkov, che trova diverse interpretazioni, tanto da chiedersi se questo sia il modo più indicato – da parte della Biennale e dei Padiglioni – di manifestare il dissenso alla guerra.

D’altro canto il severo controllo del Cremlino verso i dissenzienti è tale da mettere in seria difficoltà persino il mondo dell’arte contemporanea, da sempre monito di libertà di espressione e di unione di popoli.

Artivismo: che cos’è e cosa c’entra con la guerra in Ucraina

Lo scenario quest’anno rievoca inevitabilmente gli episodi di Ai Weiwei e Tania Bruguera, entrambi artisti dissidenti che, però, non hanno mancato di denunciare attraverso la loro arte, sia in Biennale che altrove, le atrocità portate avanti dal Governo cinese e da quello cubano.

Scenari che la critica inglese Claire Bishop teorizza col termine ‘social turn‘, da noi più noto con la parola ‘artivismo‘. Bishop individua tre momenti storici in cui l’artivismo si è maggiormente manifestato: il periodo delle avanguardie storiche a inizio Novecento; la neoavanguardia del 1968 e l’arte partecipativa degli anni Novanta, legata al crollo del comunismo nel 1989.

I lavori artistici di questo genere sono dei veri e propri processi orientati a far dialogare – forse utopicamente, forse no – l’arte con la politica. Ancor prima del Novecento, tuttavia, pittura e scultura hanno manifestato gesti politici. Si pensi ad Ambrogio Lorenzetti con la sua ‘Allegoria al buono e cattivo Governo’ (1338-1339). Si pensi anche a Delacroix con ‘La Libertà che guida il popolo’ (1830). Che il mondo dell’arte aspetti adesso una Marianne coraggiosa e pronta a sventolare la bandiera dell’Ucraina, in segno di desiderio di libertà?

La solidarietà dal mondo dell’arte (e i suoi limiti)

In questi giorni drammatici, tuttavia, manifestazioni di solidarietà non tardano ad arrivare da tutto il mondo dell’arte. Marina Abramovich e Sean Penn si apprestano a lanciare messaggi contro la guerra e organizzare documentari a Kiev. In Italia Mimmo Paladino, punto di riferimento della Transavangardia, realizza un’opera per la copertina del Corriere della Sera del 3 marzo. Anche le università non tacciono: l’Accademia Albertina di Torino firma un accordo di mobilità con l’Accademia di Belle Arti di Kiev.

La Biennale stessa risponde alle decisioni degli artisti russi e ucraini considerandoli «atti coraggiosi» e condividendone le motivazioni. Ci si aspetta forse di più dalla Biennale di Venezia, considerando che essa stessa si definisce luogo di incontri e dialoghi aperti tra i popoli di tutto il mondo. Ad ogni modo è pur vero che si tratterebbe di una manovra estremamente difficile, dato che i Padiglioni sono finanziati dai rispettivi Governi. Se essi rappresentano il proprio popolo, quest’anno i popoli di Ucraina e Russia, non saranno rappresentati e questo è un peccato.

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Martina Tolaro

Martina Tolaro

Martina Tolaro, curator ed editor freelance. Ho collaborato con imprese culturali creative nazionali e artisti internazionali. Scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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