Economia & Lavoro

Le aziende felici allontanano la crisi

di 3 Giugno 2009No Comments

L’esistenza di un rapporto virtuoso tra le aziende attente alle esigenze e allo sviluppo dei lavoratori, meritocratiche, con un alto tasso di identificazione aziendale e la produttività era un’idea non nuova, e non solo tra gli addetti ai lavori. Il dato acquista ora ufficialità alla luce delle conferme ottenute da recenti ricerche e dei risultati delle classifiche stilate ogni anno da prestigiosi periodici economici come l’americano Fortune e la società di ricerca e consulenza manageriale Great Place to Work.

Fortune, nell’annuale classifica sulle cento società americane in cui si lavora meglio, rileva come le aziende in elenco siano poi le stesse che nel decennio 1998/2008 hanno riportato un rendimento in Borsa decisamente più alto della media di mercato.
Mentre la classifica annuale stilata da Gret Place to Work sui migliori posti di lavoro riporta un altro dato significativo: sono le aziende leader di classifica quelle con le maggiori capacità di attrazione dei talenti, sia giovani al primo impiego che lavoratori maturi.

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Se analizziamo cosa accomuna le realtà eccellenti (in Italia nel 2008 la prima classificata è stata Google e quest’anno Fater, leader nel mercato italiano dei prodotti assorbenti e joint venture tra Procter&Gamble e il gruppo familiare Angelini) noteremo che ci sono dei parametri che ritornano sempre. Meritocrazia, lavoro in team, gerarchie piatte, condivisione di valori, attenzione allo sviluppo dei giovani talenti e delle risorse umane, il cosiddetto “capitale intangibile”.

I cambiamenti apportati da queste aziende sono immediatamente percepibili anche nella strutturazione degli spazi, confortevoli e con arie relax, e nelle attività proposte all’interno: si và dal calcio balilla alle poltrone massaggianti, dai tappeti da golf da ufficio ad Internet illimitato.

Ma quello che rende appagante per i dipendenti lavorare in queste realtà è il forte senso di appartenenza, la consapevolezza di essere importanti per la crescita aziendale, in definitiva di non essere un numero.

E a riprova che le “buone aziende” fanno bene anche al portafoglio ci sono gli utili di Borsa di chi ha investito nelle realtà al top dell’elenco delle “virtuose”.

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Imma Di Nardo

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