Detrazioni fiscali per chi investe, maggiore flessibilità nelle assunzioni a tempo determinato, regole meno punitive sui fallimenti. Sono queste alcune delle misure contenute nel Decreto Crescita 2.0 approvato il 4 ottobre scorso dal Governo per incentivare le start up innovative, che potranno “andare a caccia” di capitali anche sulle piattaforme online di crowdfunding.

Si tratta di una serie di agevolazioni che, con una dote di 210 milioni di euro in 2 anni, seguiranno le società innovative nei loro primi 4 anni di vita: dalla nascita, allo sviluppo, fino all’eventuale chiusura della società. E che, nelle intenzioni del Ministro allo Sviluppo economico, Corrado Passera, dovrebbero favorire la crescita dell’ecosistema delle start up italiane.

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Il Decreto definisce, per la prima volta, dal punto di vista giuridico sia le “start up innovative” che gli “incubatori certificati”, stabilendo alcuni criteri per circoscrivere il perimetro delle imprese ammissibili.

Le start up dovranno avere meno di 4 anni di vita, un fatturato inferiore a 5 milioni di euro e non dovranno distribuire utili. Per dimostrare il loro carattere “innovativo” avranno tre possibili alternative:

1) riservare il 30% delle loro spese a ricerca e sviluppo;
2) avere tra i dipendenti almeno un terzo di ricercatori, dottorandi, laureati con esperienze di ricerca; oppure
3) possedere almeno un brevetto.

Per favorire l’iniziativa privata, i “paletti” decisi dal Governo impongono che almeno il 50% del capitale sociale sia in mano a persone fisiche.

Le start up dovranno iscriversi in un’apposita sezione del Registro delle imprese (l’iscrizione è gratuita). E lo stesso dovranno fare gli incubatori certificati, ovvero società che dispongono di risorse materiali e professionali per facilitare la nascita e lo sviluppo delle start up innovative.

Per attirare i capitali, agli investitori verranno garantite delle agevolazioni fiscali. Il privato che compra quote o azioni di una start up innovativa avrà diritto a una detrazione Irpef del 19% per tre anni sulla somma investita. Se ad investire – invece – è una società, questa potrà portare in deduzione dal reddito imponibile il 20% dell’investimento, sempre che questo venga mantenuto per almeno due anni.

La start up innovativa potrà ricorrere con maggiore flessibilità rispetto alle imprese tradizionali ai contratti a tempo determinato. Tali contratti, della durata minima di 6 mesi e massima di 3 anni, potranno essere rinnovati più volte anche senza soluzione di continuità, con la possibilità di un’ulteriore proroga di 1 anno allo scadere del 3 anno di vita. E’ questa una deroga alle norme introdotte dal ministro Fornero, a cui si aggiunge la possibilità data alle start up innovative di non pagare il contributo addizionale dell’1,4% della retribuzione, introdotto con la riforma del lavoro per finanziare la nuova Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi).

Le start up innovative, per finanziarsi, avranno la possibilità di raccogliere capitale di rischio anche attraverso portali online, su cui potranno lanciare offerte agli investitori per l’acquisto di quote o azioni della società. Su queste operazioni vigilerà la Consob, che nelle prossime settimane dovrà emanare una disciplina specifica. Questo per il crowdfunding.

Per quanto riguarda – invece – l’accesso al credito, le start up potranno usufruire gratis e in modo facilitato del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, cioè il fondo del ministero dello Sviluppo economico che concede alle banche garanzie pubbliche a copertura dei finanziamenti elargiti.

Le start up innovative, infine, avranno vincoli meno stringenti sul rientro dalle perdite: nel caso queste intacchino il capitale per più di un terzo, avranno più tempo rispetto alle società tradizionali prima che scatti l’obbligo di ricapitalizzazione. Considerato, poi, l’alto tasso di “mortalità” delle start up, in caso di fallimento gli imprenditori saranno soggetti a regole meno punitive.

Fonte:  I vostri soldi

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