Per poter usufruire di tutti i servizi legati al possesso di uno smartphone, quindi chiamate, messaggi, ma anche connessione internet, gli utenti si trovano sempre più spesso a comparare le tariffe Vodafone, Tim e di altre compagnie per attivare promozioni che includano tutto ciò di cui hanno bisogno ad un prezzo fisso molto conveniente.

All’interno di questo costo fisso può essere incluso anche il dispositivo stesso, fattore che ha portato ad una massiccia diffusione di smartphone e ad un aumento vertiginoso del numero di utenti che si affidano a questo tipo di formula in abbonamento.

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Può capitare però che, dopo aver preso una decisione, i consumatori i trovino a dover versare una serie di costi aggiuntivi a seconda del metodo di pagamento prescelto. Oltre al fastidio di vedersi accreditare spese di questo tipo non preventivate, secondo un recente pronunciamento della Corte di Giusitizia europea queste pratiche sarebbero illegali.

Di conseguenza anche nel momento in cui decidiamo di sottoscrivere un abbonamento con cellulare incluso, legando il pagamento della quota mensile a un conto corrente o a una carta di credito, il fatto che ci vengano accreditati costi aggiuntivi potrebbe essere scorretto. In particolare, secondo la direttiva europea, gli Stati membri possono legittimamente vietare ai gestori di servizi di imporre costi aggiuntivi rispetto a prezzi o a tariffe prestabilite, qualunque sia lo strumento di pagamento.

Esattamente, i giudici della della Corte Ue permettono agli Stati membri «di vietare in maniera generale ai beneficiari di imporre spese al pagatore quale sia lo strumento di pagamento, a condizione che la legge nazionale, tenga conto della necessità di incoraggiare la concorrenza e promuovere l’uso di strumenti di pagamento efficaci». Ovviamente tutti i paesi membri hanno forte discrezionalità sull’applicazione di tale direttiva. Il divieto di imporre costi aggiuntivi, come negli esempi che abbiamo fatto, sempre secondo i giudici della Corte, può applicarsi anche a un gestore di telefonia mobile.

Il pronunciamento della Corte Europea, inoltre, si sviluppa proprio da una controversia tra la compagnia telefonica T-mobile Austria e l’associazione di consumatori austriaca Verein für Konsumenteninformation. In questo caso specifico, che probabilmente diventerà emblematico per successive sentenze anche negli stati membri, la T-Mobile Austria, fornitore di servizi di telefonia mobile in Austria, prevedeva nelle sue condizioni generali di contratto l’addebito ai suoi clienti dei costi aggiuntivi di gestione in caso di pagamento mediante bonifico online o per mezzo di bollettino cartaceo.

I consumatori che avevano sottoscritto la tariffa «Call Europe» e avevano scelto di servirsi di bonifico online o bollettino cartaceo si trovavano a dover pagare costi aggiuntivi mensili pari a tre euro. L’associazione dei consumatori austriaca riteneva che tale pratica sia assolutamente contraria alla legge austriaca sui servizi di pagamento, che aveva recepito la direttiva europea. La legge infatti vietava ai beneficiari del pagamento di imporre spese qualunque sia lo strumento di pagamento scelto.

Al contrario la compagnia telefonica T-Mobile Austria sostiene che ad essa non può essere applicata né la direttiva dell’Unione Europea né la legge austriaca che da quella deriva, dal momento che essa non è un prestatore di servizi di pagamento ma un gestore di telefonia mobile. I tribunali austriaci di primo e secondo grado hanno però dato ragione all’associazione dei consumatori e hanno impedito alla compagnia telefonica di inserire la clausola controversa nei nuovi contratti e di farne uso nell’ambito dei contratti esistenti.

L’ultima istanza presentata dalla T-Mobile ha interessato infine la Corte di Cassazione austriaca che per l’ultima decisione in merito alla controversia, dopo due gradi di giudizio, ha voluto chiedere direttamente alla Corte di Giustizia Europea di interpretare la direttiva in tale specifico contesto, legato ai costi aggiuntivi imposti dagli operatori di telefonia mobile.

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Linda Iulianella

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