La Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità una proposta di legge sull’equo compenso per i liberi professionisti. La nuova normativa, votata lo scorso 25 gennaio, punta a fornire una maggiore protezione ai professionisti e a garantire che il loro lavoro sia pagato adeguatamente. Si riprende in questo modo una iniziativa cominciata già durante la scorsa legislatura.

Le nuove regole serviranno a evitare abusi quando un lavoratore autonomo si trovi a operare per grandi clienti. Come tali, rispetto a lui avranno un potere contrattuale particolarmente forte: da qui il rischio che impongano condizioni inique.

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Quando si parla di equo compenso

La legge sull’equo compenso si pone come tappa per realizzare l’articolo 36 della Costituzione Italiana. Questo articolo, esplicitamente richiamato nella nuova normativa, stabilisce che

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

Anche il compenso di un professionista, per essere considerato equo, dovrà essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale.

La protezione è offerta a chiunque svolga una professione intellettuale in favore di imprese bancarie e assicurative, oppure in favore di imprese di grandi dimensioni. Per essere tali, le imprese dovranno avere alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori oppure realizzare ricavi annui superiori a 10 milioni di euro.

Le imprese potranno concordare con gli Ordini Professionali delle convenzioni standard, trattando direttamente con loro l’importo dei compensi da pagare, come già fanno con i sindacati dei lavoratori dipendenti.

La protezione del lavoro con l’equo compenso

La legge approvata dalla Camera dei Deputati prevede alcuni strumenti pratici per garantire l’equità del compenso. Il punto di partenza è la presunzione che il contratto sia stato predisposto direttamente e soltanto dal cliente.

Innanzitutto, il contratto deve tenere conto anche delle spese che il professionista deve sostenere per la sua attività. Sarà nullo ogni accordo in cui il professionista rinunci a pretendere acconti o si obblighi ad anticipare o a rinunciare a farsi rimborsare le spese.

In generale, non avranno valore le clausole grazie alle quali il cliente può modificare il contratto di sua iniziativa, o può rifiutare di mettere per iscritto gli accordi presi, oppure può pretendere attività gratuite.

I pagamenti non potranno essere corrisposti più di sessanta giorni dopo da quando il cliente riceve la fattura.

Il cliente non potrà farsi pagare dal professionista l’utilizzo di software, banche dati, sistemi gestionali, servizi di assistenza tecnica, servizi di formazione o comunque qualsiasi bene o servizio che gli metta a disposizione per il suo lavoro.

Per monitorare l’applicazione della legge, sarà fondato un Osservatorio sull’equo compenso.

I prossimi passi

Una protezione dell’equo compenso si inserisce nel più ampio dibattito sulla giusta remunerazione del lavoro. Si affianca, in questo senso, alle riflessioni sul salario minimo. Prima che questa normativa entri in vigore, toccherà comunque al Senato approvarne il testo.

In ogni caso, questa legge dovrà essere soltanto una fase di un percorso più ampio. L’ambito in cui sarà applicata è ancora limitato e rimangono scoperte le professioni che non hanno un Ordine Professionale di riferimento. L’Associazione Nazionale Commercialisti ha espresso delle perplessità anche in merito al funzionamento delle sanzioni.

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Giovanni Pigozzo

Giovanni Pigozzo

Nei modi più vari mi sono sempre occupato di quel che succede nel mondo del Lavoro. Analizzo come è fatta e come evolve l'attività umana che più di tutte occupa le nostre giornate. Aspirante giornalista pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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