Il termine Job Crafting è stato coniato nel 2001 da due psicologhe americane: Amy Wrzesniewski e Jane E. Dutton. Indica una strategia che ogni lavoratore può adottare per ritrovare motivazioni e riappropriarsi come soggetto attivo delle proprie mansioni.

La tecnica copre tre aspetti: cambiare le proprie responsabilità, riconsiderare le relazioni tra colleghi e modificare la percezione dei propri compiti.

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Le differenze con altri approcci

La tecnica del Job Crafting sta prendendo piede come una delle soluzioni allo stress lavorativo.

Non prevede di lasciare il proprio posto di lavoro, come successo durante l’ondata di dimissioni volontarie nota come Great Resignation.

A differenza del Quiet Quitting, questa tecnica prevede una nuova immersione nel proprio lavoro attraverso un cambio di prospettiva.

Le sue caratteristiche la rendono particolarmente versatile: potenzialmente ogni mansione può essere riorganizzata con questo metodo. Soprattutto, non è richiesta una particolare collaborazione da parte dei datori di lavoro o dei manager della propria azienda.

Le tre tecniche del Job Crafting

Nel loro studio, Wrzesniewski e Dutton stabiliscono tre ambiti in cui il Job Crafting può essere applicato. Ciascuno di questi può essere approfondito dal lavoratore separatamente rispetto agli altri. L’importante è coltivare il desiderio di evoluzione, individuare un aspetto da cui iniziare e mettere per iscritto un piano di cambiamento.

Il primo modo per riadattare a se stessi il proprio lavoro è il Task Crafting. Ogni mansione, per quanto regolamentata, consente un margine di personalizzazione. Esiste insomma uno spazio in cui le proprie responsabilità possono essere rimodellate, aggiungendo alcuni compiti e togliendone altri, oppure cambiando la quantità di tempo dedicata a ciascun compito.

Un commesso che voglia ampliare il tempo dedicato al rapporto con i clienti potrebbe studiare una tecnica che gli permetta di piegare e riporre più velocemente i capi di abbigliamento. Un tassista può tenersi in serbo qualche indicazione turistica da fornire alle persone appena arrivate in città che si trova a trasportare.

La seconda tecnica del Job Crafting è il Relationship Crafting. Questa modalità permette un cambiamento tramite il rapporto con i colleghi o comunque con chi si incontra sul posto di lavoro. Questo significa dedicare pause e tempo libero maggiormente alle persone con cui si ha un rapporto più positivo. Ma significa anche farsi incuriosire dai compiti degli altri, in modo da avere una visione più ampia dei propri.

Uno chef svolgerà un lavoro migliore mantenendosi in contatto con i colleghi che si occupano della sala. Al contempo, potranno condividere e perciò alleggerire il peso e la responsabilità del servizio.

Il terzo modo di ridefinire il proprio lavoro è il Cognitive Crafting. Si tratta di correggere la propria prospettiva rispetto alla propria mansione. Il lavoratore, in questo caso, ridefinisce le proprie incombenze e può riscoprire nuovi significati. Percepirsi parte di un disegno più grande permette di vedere il proprio lavoro non più come un compito separato e alienato da tutto il resto, ma come parte di una dimensione più ampia.

Si pensi a chi svolge le pulizie in un albergo. Cambiare le lenzuola può essere pensato non solo in termini di pulizia e igiene, ma piuttosto come contributo al rendere il soggiorno di qualcuno più confortevole e memorabile.

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Giovanni Pigozzo

Giovanni Pigozzo

Nei modi più vari mi sono sempre occupato di quel che succede nel mondo del Lavoro. Analizzo come è fatta e come evolve l'attività umana che più di tutte occupa le nostre giornate. Aspirante giornalista pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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