Sembra uno scherzo, ma non lo è affatto. In Olanda, nel Regno Unito e negli USA l’iniziativa non è già più un progetto su carta: la raccolta differenziata si allarga a macchia d’olio e inizia a includere fra i rifiuti da riciclare anche la pipì. La pratica ha già un nome e si chiama pee-cycling. Parola d’ordine: zero waste.

Come dimostra l’originale iniziativa messa in atto in Paraguay, non c’è nulla – o quasi – che non si possa riciclare. Oggi, per esempio, si inizia a parlare in termini concreti anche di raccolta delle urine. Passo avanti verso il futuro o ritorno al passato? Le risposte si sprecano e le interpretazioni pure: la realtà però – come ben sapevano i nostri nonni – è che la pipì rappresenta un prezioso serbatoio di sostanze che la rendono un fertilizzante tanto antico quanto portentoso. Sono circa 3079 gli elementi contenuti nelle urine umane, primi fra tutti azoto, fosforo e potassio: componenti di base dei fertilizzanti che vengono prodotti sinteticamente a livello industriale.

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Ecco perché il pee-cycling inizia a porsi una delle nuove frontiere della raccolta dei rifiuti. I vantaggi che si delineano all’orizzonte sono diversi: riduzione della produzione di fertilizzanti chimici (con relativo risparmio energetico), sensibile risparmio delle risorse idriche (tirerete lo sciacquone meno frequentemente), minor abbattimento di alberi (consumerete meno carta igienica).

Unico neo: l’urina conserva tutta la sua efficacia solo se è sterile, cioè se passa direttamente dal corpo umano alla terra. Detto in pillole: l’uso di contenitori “di passaggio” potrebbe compromettere in modo incisivo l’utilità del fertilizzante biologico più efficace e più a portata di… mano. E’ infatti proprio in questa direzione che, nel Vermont, si stanno orientando le ricerche del Rich Earth Institute.

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Negli Stati Uniti il fertilizzante biologico a chilometro zero per eccellenza è già stato testato e ha dato ottimi risultati, incrementando in modo incisivo la produttività del suolo e sono molti i coltivatori in lista d’attesa che attendono di partecipare al progetto. Il vecchio continente non è da meno: in Inghilterra iniziano a cogliersi i primi segnali ma il Paese che si aggiudica il primato e si classifica all’avanguardia è l’Olanda. Ad Amsterdam, infatti, i raccoglitori sono disponibili anche per strada e le urine vengono utilizzate come fertilizzante per i numerosi tetti verdi della città.

Ma c’è chi ha trovato anche altre idee…

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Martina Fragale

Martina Fragale

Giornalista pubblicista dal 2013 grazie alla collaborazione con BuoneNotizie.it, di cui oggi sono direttrice. Mi occupo di temi legati all’Artico e ai cambiamenti climatici; come docente tengo corsi per l’Ordine dei Giornalisti e collaboro con l’Università Statale di Milano.

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