Quella che segue, senza troppe difficoltà, potrebbe essere una discreta favola di Natale. Il periodo, del resto, è quello giusto. Di certo si tratta di una storia insolita, di quelle che fanno tremare un po’ le ginocchia e che, una volta ascoltate, fanno venir voglia di avere ancora un po’ di fiducia nel mondo che ci circonda.

Sabato scorso, di sera tardi, stanco e un po’ distratto ho dimenticato la mia valigia sulla metropolitana, al capolinea della linea 2, Gessate (Milano). Me ne sono accorto troppo tardi: una volta arrivato a casa, quando ormai il mio trolley, nero e anonimo, aveva già riattraversato la città intera, incurante dei passeggeri che, ad ogni stazione, salivano e scendevano dai vagoni rumorosi. Dentro c’erano un maglione verde scuro con il collo a V, una dozzina di CD musicali a cui ero affezionato e la mia macchina fotografica reflex della Nikon, con tanto di obiettivo accessorio. Valore commerciale: circa 1500 euro, valore affettivo inestimabile.

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A nulla sono valsi i tentativi rocamboleschi di recuperare il bene perduto tornando alla metropolitana, né le varie telefonate all’ufficio oggetti smarriti dell’ATM (gestore dei trasporti milanesi, ndr). Stavo per mettermi il cuore in pace quando, tre giorni dopo, interrompendomi al lavoro, un amico da Amsterdam mi telefona sul cellulare: “Ho trovato la tua macchina fotografica!” – quando, a rigor di logica, nemmeno avrebbe dovuto sapere che l’avevo perduta.

Il vero protagonista di questa storia fa il suo ingresso a questo punto. Si chiama Walter, è uno studente dei Salesiani don Bosco di Treviglio ed è una persona onesta. Qualche ora dopo la mia disgraziata dimenticanza, eccolo salire sulla metro, sedersi di fianco ad un anonimo sacchetto rosso per qualche fermata e, ad un certo punto, spinto forse dalla curiosità, aprirlo e trovarci una macchina fotografica, di quelle vere. Walter torna a casa e, con i genitori, decide di non mettere un annuncio su eBay per guadagnare un milione di lire, ma di accendere la macchina per capirci qualcosa. Scorrono le 600 foto, casualmente ancora presenti sulla scheda di memoria, fino a quella di Umberto, l’amico olandese. Tiene in mano la pergamena di laurea del dottorato in logica all’Università di Amsterdam. Nome, Cognome e data di nascita che, per la cronaca, è la stessa di Walter, solo una decina di anni prima.

E’ abbastanza per accendere il computer e buttarsi su facebook. E su facebook, si sa, si scoprono un sacco di cose. Tanto per cominciare puoi scoprire che Umberto ha un indirizzo e-mail a cui si può scrivere, che Umberto ha fatto i salesiani nella stessa classe di Walter e che la sorella di Umberto è una tua compagna di classe.

Questa è l’incredibile, semplice storia di come ho riavuto indietro un pezzo della mia vita. Semplice, perché, a pensarci bene non c’è nessun miracolo in mezzo. Nessun supereroe o altri miracoli di sorta. Incredibile perché, a pensarci bene nasce dal succedersi di una serie di straordinarie piccole coincidenze che passano attraverso un liceo, l’Olanda e una piccola fotografia scattata per caso. Incredibile perché, in questi giorni, raccontandola a me stesso e a chi mi circonda,
non ci ha creduto quasi nessuno. E dire che è Natale!

Massimo Mapelli
[email protected]
http://selinunte.blogspot.com

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