Ti sei mai chiesto quante informazioni ti raggiungono quotidianamente? Viviamo nell’epoca dell’infodemia, ossia circondati da una sovrabbondanza d’informazioni che ci pervengono da smartphone, tablet, giornali, televisioni, radio, tramite i quali cerchiamo di intravedere la verità. Scrivo intravedere, perché l’enorme quantità di notizie che riceviamo induce il nostro cervello a ricorrere alle euristiche di pensiero.

Ce lo insegnano le scienze psicologiche: gli esseri umani sono economizzatori cognitivi, ovvero tendono a risparmiare il più possibile le energie mentali. A fronte di una grande quantità di dati, il cervello ricorre alle euristiche di pensiero, scorciatoie mentali che ci inducono a formare rapidamente opinioni e credenze, saltando le procedure logiche, deduttive e probabilistiche in base alle quali prendere decisioni immediate.

Come avrai avuto modo di sperimentare, la maggioranza delle informazioni diffuse dai media sono negative, raccontate con toni drammatici. Guerre, omicidi, crisi climatiche, fame nel mondo, invadono la nostra mente ogni giorno, senza però mostrare soluzioni e strategie atte a migliorare la realtà, facendo scattare in noi euristiche che inducono a pensare che non esista una via d’uscita, suscitando ansia e rassegnazione.

Ora ti chiederai: devo evitare le cattive notizie? La risposta è no! La realtà è fatta anche di eventi drammatici di cui è importante parlare, ma cercando di mettere il lettore nelle condizioni di formarsi un’opinione approfondita, mostrando ciò che si sta facendo e che si potrebbe fare per affrontare il problema, senza insistere su dettagli che, senza aggiungere nulla al fatto in sé, causano emozioni negative, distorsioni cognitive e false credenze.

Se ora ti dicessi che il 52% degli italiani soffre di mal di testa, che il 25% degli adolescenti fa un uso problematico dello smartphone con conseguenti danni cerebrali e che il 21% degli italiani non riesce ad arrivare a fine mese, ti darei solo cattive notizie, stimolando in te la credenza che le cose stiano andando male. Ma non è vero. Una brutta notizia non può e non deve essere fine a sé stessa. Cosa voglio dire? Scoprilo cliccando sui link qui sopra.

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Carlotta Sganzerla Mantovani

Mi sono laureata in filosofia per cercare di comprendere il fondamento dei fenomeni, la dimensione morale, portandomi ad analizzare questioni inerenti la società e le nuove tecnologie. Abbraccio questi temi prospettando soluzioni alla complessità della realtà. Da qui la mia scelta del giornalismo costruttivo. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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