Lo sport e la disabilità stanno affinando sempre di più il loro rapporto in questi anni, permettendo così di guardare al futuro.

In un’estate incredibile per lo sport italiano uno dei capitoli più importanti è stato quello dello sport paralimpico. Il record dei Giochi Paralimpici di Tokyo non ha fatto altro che portare un po’ di luce su un ambito sportivo troppo spesso dimenticato ma preziosissimo dal punto di vista dell’inclusione. Proprio in questa direzione si muoveva WEmbrace, evento benefico ideato dalla campionessa Bebe Vio, nato per sensibilizzare il pubblico nei confronti del rapporto tra sport e disabilità.

Bebe Vio protagonista di WEmbrace

Teatro dell’evento era l’Allianz Cloud di Milano, conosciuto dai più come PalaLido, uno dei punti di riferimento dello sport meneghino. WEmbrace, espressione traducibile dall’inglese come “Noi abbracciamo”, consisteva in una molteplice sfida di basket, pallavolo, scherma e calcio tra quattro squadre diverse, ognuna delle quali composta sia da atleti olimpici sia da atleti paralimpici. Erano infatti tantissimi gli atleti convocati per questo evento benefico, provenienti dai più disparati ambienti, pronti a sfidarsi nelle forme e con le regole delle discipline paralimpiche.

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Presente all’evento un’importante delegazione di Milan e Inter, così come Roberto Mancini, CT della Nazionale di calcio. Per quanto riguarda la pallacanestro erano presente Alessandro Gentile e Peppe Poeta, lo schermidore Daniele Garozzo, la pallavolista Cristina Chirichella. Importante l’adesione anche di atleti paralimpici impegnati in eventi internazionali, come per esempio i giocatori delle nazionali di sitting volley, così come una delegazione della Brainea84, compagine campione d’Italia della pallacanestro in carrozzina. Non sono mancate anche vecchie glorie dello sport, italiano e non, come i vari Javier Zanetti, Walter Zenga, Serginho e così via. Il tutto sotto gli occhi di Giovanni Malagò e Luca Pancalli, rispettivamente Presidente del Comitato Italiano Paralimpico e del CONI.

Bebe Vio durante un evento di sensibilizzazione (© Twitter)

Chi è Bebe Vio?

Bebe Vio è una delle atlete di punta dello sport italiano paralimpico, diventata anche volto noto grazie alla sua personalità positiva, mostrata nei più disparati mezzi di informazione. Nata a Venezia nel 1997, all’età di 11 anni è costretta all’amputazione di avambracci e gambe a causa di una necrosi dovuta ad una meningite fulminante. Un evento straordinariamente sfortunato che però negli anni non le ha impedito di diventare un’icona dello sport paralimpico mondiale, più precisamente nella scherma. Il suo palmarès parla infatti da sé: quattro medaglie paralimpiche, di cui due ori a Tokyo 2020 e Rio de Janairo 2016, nonché un argento e un bronzo rispettivamente in terra giapponese e brasiliana. Ma anche innumerevoli medaglie tra Mondiali ed Europei.

Un’atleta, Bebe Vio, che negli anni ha deciso di impegnarsi fortemente nel sociale. Fa infatti parte dell’associazione Art4sport, la quale promuove lo sport come terapia per il recupero fisico e psicologico dei bambini e dei ragazzi portatori di protesi di arto. Proprio verso le casse di questa ONLUS sono stati destinati i fondi raccolti grazie all’evento WEmbrace, per fare in modo che le sue mission riescano a essere perseguite al meglio.

«Sono felicissima di vedere uniti sport olimpico e paralimpico», ha dichiarato ai media Bebe Vio, «mi piace davvero tanto». Un evento, quello di WEmbrace, «che vorrei diventasse un’etichetta riconoscibile». E sicuramente, come dichiarato dalla stessa atleta, questa rassegna sportiva ha attirato l’attenzione non solo della politica nazionale, bensì anche di quella europea con l’interesse di Ursula von der Leyen, attuale Presidente della Commissione Europea.

L’exploit dei Giochi Paralimpici di Tokyo

L’estate 2021 è stata incredibile per lo sport azzurro. Si pensi, tra gli altri successi, all’Europeo di calcio conquistato dagli uomini di Roberto Mancini, così come agli incredibili Giochi Olimpici di Tokyo, in cui l’Italia Team è riuscito a conquistare ben 40 medaglie in 19 differenti discipline, record assoluto. Su tutte a spiccare è stata sicuramente l’atletica, con 5 ori su 5 podi, tra i quali quelli di Marcell Jacobs nei 100 m e quello di Gianmarco Tamberi nel salto in alto.

Ma le Paralimpiadi non sono state da meno. La spedizione giapponese si è infatti chiusa con un bottino di 69 medaglie conquistate, record per lo sport azzurro. Tra di esse anche il bronzo e l’argento di Bebe Vio nella scherma, due delle tante medaglie conquistate dall’Italia Team, le ultime delle quali ottenute con una meravigliosa tripletta nei 100 m con tanto di record del mondo da parte di Ambra Sabatini, Martina Caironi e Monica Contrafatto. «Su questi risultati», ha affermato Pancalli, Presidente del Comitato Paralimpico Italiano, «bisogna costruire un Paese migliore».

Tripletta a Tokyo 2020 con Sabatini, Caironi e Contrafatto sul podio (© Twitter)

L’industria high tech negli sport paralimpici

Nel futuro lo sport paralimpico è destinato sempre di più a crescere grazie all’evoluzione della tecnologia. Un ambito, quello dell’high tech sportivo, che sta creando tantissimi posti di lavoro e che sta affinando sempre di più il supporto tecnologico spesso indispensabile per le loro imprese sportive. Si pensi per esempio a Oscar Pistorius, ex velocista sudafricano che prima di esser tristemente noto per fatti di cronaca è stato il primo caso mediatico grazie alle protesi utilizzate durante le gare, aprendo così il dibattito e generando attenzione nei confronti della disabilità nel mondo dello sport. Così si era infatti espresso Luca Pancalli durante un convegno del Festival dello Sport a Trento nel 2018: “Molti uomini e donne abbiano affrontato e vinto grandi sfide sportive grazie a questa evoluzione tecnologica che dall’ambito sportivo deve avere sempre maggiori ricadute anche sociali per portare le protesi a più persone possibili al di là che siano atleti o meno per migliorare la qualità della loro vita”.

Tante aziende hanno così cominciato a investire nel settore. È il caso per esempio della BMW, azienda di fama internazionale che ha deciso di realizzare una carrozzina high tech per i Giochi Paralimpici di Rio de Janeiro nel 2016. Così come il Centro Protesi Inail di Vigoroso di Budrio, nel bolognese, realtà che ha realizzato numerose protesi per gli atleti impegnati invece nella rassegna giapponese del 2021.

L’esempio della Vela, con obiettivo Los Angeles 2028

In alcuni casi il grande successo dei Giochi Paralimpici di Tokyo, uniti alla tradizione e alla crescita delle competizioni nazionali e internazionali, sta portando alla richiesta di inserimento o reinserimento di alcuni discipline durante la rassegna quadriennale. È il caso della Vela Paralimpica, esclusa da Tokyo 2020 così come da Parigi 2024. Una decisione, quella del 2015, dovuta al non soddisfacimento di criteri di copertura a livello mondiale di questa disciplina. Una decisione che ha fatto discutere e su cui ora World Sailing, ovvero al federazione internazionale della vela, sostenuta dalle varie federazioni nazionali come quella italiana, la FIV, sta provando a spingere per riottenere l’inserimento verso Los Angeles 2028. Segno, questo, di quanto le discipline paralimpiche stiano crescendo grazie anche al maggiore spazio mediatico di cui iniziano a godere.

“Rising Phoenix”, non solo Bebe Vio su Netflix

Recentemente un altro evento mediatico in Italia ha permesso di toccare con mano le imprese e la vita sportiva degli atleti paralimpici. Su Netflix ha riscosso infatti discreto successo il documentario Rising Phoenix, diretto nel 2020 da Ian Bonhôte e Peter Ettedgui. Di cosa tratta? Il film si pone proprio l’obiettivo di narrare la storia dei Giochi Paralimpici, capaci di dare speranza nonché uno straordinario messaggio di inclusione al mondo intero.

All’interno del documentario sono numerosi gli atleti che raccontano e si raccontano. Oltre a Bebe Vio sono infatti presenti, tra gli altri, la nuotatrice australiana Ellie Cole, il saltatore francese Jean-Baptiste Alaize, l’arciere americano Matt Stutzman, il runneri inglese Jonnie Peacock e la sollevatrice cinese Cui Zhe. Tutti accomunati da un grado diverso di disabilità ma dalla stessa passione per lo sport, capace unirli e di renderli famosi nel mondo grazie alle loro gesta.

Locandina di “Rising Phoenix”, documentario di Netflix (© Twitter)

Un futuro roseo per gli sport paralimpici

Lo sport fa sempre più rima con inclusività. Uno strumento che genera valore e che può diventare un capitolo importante della vita di qualsiasi atleta, sia esso con disabilità o meno. Un processo di crescita, quello degli sport paralimpici, che permetterà dunque a tantissimi ragazzi e ragazze in futuro di sognare una carriera sportiva internazionale. E l’attuale crescita di questo settore sportivo fa ben sperare per il futuro.

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