Qualcuno dice che i nostri bambini andrebbero cresciuti nei Paesi del Nord Europa, perché lì è più tutelato il loro apprendimento e la loro rigorosa formazione. Ma da dove nasce tutta la simpatia che il mondo ci accorda? E tutta la professionalità del nostro lavoro, che anche quando è industriale è artigianale? Se non ci sono generazioni che nascono e crescono in Italia, potremo ancora avere quell’impronta tutta italiana nelle cose che facciamo?

Perché l’italianità non è un timbro con sopra il tricolore o una carta d’identità con il nome della città di un ospedale che ci ha fatti venire al mondo. L’italianità nasce da un modus vivendi ben preciso, patrimonio di chi è cresciuto e vissuto in Italia. Se viaggi sei fortunato, ma se viaggi dopo essere cresciuto in Italia cominci ad essere speciale, hai un valore aggiunto. E non importa se non conosci ancora perfettamente una lingua estera, come avviene in Nord Europa: hai probabilmente delle conoscenze fuori dall’ordinario, hai una base senza uguali. Appoggiare le tue future esperienze all’estero su quella base tutta italiana ti darà una completezza che verrà riconosciuta e apprezzata.

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Sei mesi all’estero e una lingua è imparata, ma la ricchezza artigianale italiana è nata nello stare immersi, per molti anni, nel caleidoscopio di paesaggi, volti, abitazioni del Bel Paese, ascoltare l’italiano tra i dialetti delle province e cogliere la varietà dei loro singoli fonemi che con una lettera spigolosa, un sibilo, una cadenza arrotondata si fanno sfuggire un ben preciso paese di provenienza. Quale quantità di input ricevono i sensi, immersi in un ambiente così? A quali precisioni sono stati abituati l’udito e gli occhi?

Essere cresciuti in Italia significa essere abituati alle sfumature, a miriadi di dettagli coi quali la mente si forma a visioni complesse. Questa complessità ti entra dentro, forma un patrimonio che nessuno ti potrà insegnare in un altro modo. Ci sono bambini che girano il mondo coi propri genitori, vivendo in luoghi molto diversi, costruendosi un patrimonio culturale enorme, in Italia ti basta fare trenta chilometri per dare a tuo figlio la sensazione di aver attraversato tre confini.

Al lodevole perfezionismo dei paesi nordici, al loro ordine e rigore non rispondiamo solo con i nostri primati nel food e nel fashion, ma anche con lo straordinario mondo imprenditoriale italiano. Forse il pullman che portava i nostri più grandi imprenditori a scuola o il treno con il quale raggiungevano i loro primi posti di lavoro era costantemente in ritardo e forse quel ritardo, che costituisce un enorme problema e una perdita in termini economici, sociali e perfino ecologici, ha formato delle teste capaci di affrontare l’imprevisto, di essere vigili e abituate a riorganizzare un’intera giornata nel giro di venti minuti.

Tutti gli imprevisti incontrati nel nostro imperfetto Paese ci hanno resi capaci di flessibilità e di comprensione per circostanze diverse. Il mondo ci ama perché noi siamo capaci di capire, sappiamo metterci nelle situazioni degli altri, cambiare prospettiva, assumere altri punti di vista, accogliere nuove visioni. E’ tutto ciò che è Italia che ci ha abituati quotidianamente a farlo. E straordinariamente lo sappiamo fare pur nel fissismo dei nostri valori, delle tradizioni che ci stanno nel cuore, salde come il colonnato del Bernini. E che ci portiamo dentro, come un’impronta benevola, anche quando non vi aderiamo più.

In Europa del Nord ci saranno anche i mezzi più puntuali del mondo, ma la prima e la seconda provincia industriale d’Europa l’abbiamo noi: si chiamano Brescia e Bergamo. E se non bastasse, tra le prime dieci province industrializzate ben sei sono italiane. E questi non sono bei sogni all’italiana, sono bei fatti e anche, tra l’altro, buone notizie.

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Stefania Cornali

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