Si conclude una lunga parentesi, che in realtà non è stata una parentesi ma un vero e proprio giro di vite. Una difficile fase iniziata il 31 gennaio di due anni fa, quando il Governo dichiarò lo stato d’emergenza. Allora non lo sapevamo ancora, ma quello stato d’emergenza avrebbe dato il via a una serie di misure inedite. Lockdown, coprifuoco, mascherine obbligatorie: cose che nessuno di noi si aspettava e di cui, al limite, avevamo sentito parlare dai nostri nonni. Non stupisce la frequente connessione terminologica che molti – media compresi – hanno stabilito tra pandemia e guerra.

Con oggi, 31 marzo 2022, lo stato d’emergenza viene revocato. Il Covid non è stato debellato e le restrizioni non sono state completamente ritirate, ma senza dubbio siamo entrati in una nuova fase, di convivenza, con un virus mutato e meno letale. Cosa è cambiato in questi due anni? Moltissimo, ma non è questo il luogo per stabilirlo. Un’inchiesta sarebbe già una cornice troppo stretta, figuriamoci un editoriale.

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Qualcosa, però, possiamo dirla. Possiamo per esempio fare un piccolo bilancio di come Buonenotizie.it ha cercato di raccontarvi la pandemia. È facile parlare di giornalismo costruttivo in astratto: molto più difficile è calare una visione teorica nel quotidiano e fare giornalismo costruttivo sul serio. Noi ci abbiamo provato e lo abbiamo fatto partendo proprio dai limiti più conclamati dell’informazione diffusa da molti media tradizionali.

Al giornalismo delle breaking news e alla gara a chi arriva per primo, abbiamo preferito un’informazione più lenta e ponderata pubblicando gli aggiornamenti utili solo quando le notizie erano ormai sicure. Cercando di evitare penosi scivoloni. Alla deriva numerica dell’infodemia, che si è tradotta in un bombardamento giornaliero di cifre, abbiamo preferito dar voce ai dati utili, evitando di dare in pasto al lettore bollettini quotidiani buoni solo a incrementare ulteriore ansia.

Siamo entrati in un ospedale, non per chiedere aggiornamenti su morti e catastrofi ma per raccogliere soluzioni: per chiedere quali cambiamenti migliorativi sono stati innescati dall’emergenza e per parlare delle innovazioni organizzative e tecnologiche messe in campo per affrontare la gestione del problema. Un aspetto che ci è sembrato molto più utile e “di servizio” nei confronti del lettore e dei medici.

Abbiamo anche indagato un altro elemento fondamentale: raccontare una pandemia non significa parlare solo del virus, ma vuol dire anche analizzare i cambiamenti collaterali innescati dalla pandemia stessa in altri settori. Lo abbiamo fatto nella nostra rubrica “Inchieste”, parlando dell’impatto del Covid sulle dipendenze, a partire dall’alcolismo, proponendo una panoramica non solo sul problema ma anche sulle possibili risposte.

In modo analogo, vi abbiamo proposto un’inchiesta sulle nuove problematiche emerse fra gli adolescenti, con un focus sulle soluzioni disponibili. Abbiamo poi indagato anche gli effetti collaterali positivi della pandemia, affrontando il tema dell’incremento e dello sviluppo dello smart working per esempio: un’esigenza a cui la pandemia ha dato un input decisivo ma che rappresentava una necessità diffusa e condivisa già molto prima del Covid. Abbiamo parlato di nomadismo digitale e di come l’incremento del lavoro da remoto abbia in certi casi alimentato altri settori come il turismo e la possibilità di riattivazione dei borghi in fase di spopolamento. O creando la possibilità di inversioni di tendenza per quanto riguarda la fuga di cervelli e la migrazione dal Sud: basti pensare al fenomeno South Working.

Abbiamo provato a fare informazione in modo diverso, dimostrando che il giornalismo costruttivo non è il giornalismo delle pure e semplici buone notizie, ma una cassetta degli attrezzi che permette di parlare di tutto – “cattive notizie” comprese – in modo utile.  Ci siamo riusciti? L'”ardua sentenza” in questo caso non spetterà al futuro, ma a voi lettori.

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Martina Fragale

Martina Fragale

Giornalista pubblicista dal 2013 grazie alla collaborazione con BuoneNotizie.it, di cui oggi sono direttrice. Mi occupo di temi legati all’Artico e ai cambiamenti climatici; come docente tengo corsi per l’Ordine dei Giornalisti e collaboro con l’Università Statale di Milano.

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