Lo smart working (o lavoro agile) è qualcosa che nell’ultimo biennio abbiamo imparato a conoscere bene: durante le prime fasi emergenziali della pandemia da Covid-19, circa 9 milioni di lavoratori in Italia hanno lavorato da remoto. Il trend è continuato anche nel 2021, seppur in forma ibrida. L’Istat ha osservato che il ricorso al lavoro a distanza è tanto più frequente con l’aumentare della dimensione d’impresa.

Quali che siano le dimensioni d’impresa o i settori presi in esame, risulta evidente che lo smart working ha cambiato l’assetto socioeconomico del lavoro, soprattutto il modo in cui lo concepiamo. Ma cos’è successo nei diversi ambiti occupazionali e che impatto ha avuto sullo stile di vita dei lavoratori?

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

I dati dello smart working nei diversi settori

La diffusione strutturale del lavoro da remoto presenta una grande eterogeneità all’interno dei diversi settori, con attività in cui più del 50% delle imprese ha personale che può svolgere la prestazione a distanza – come i servizi di informazione e comunicazione (76%), la fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria (69%), le attività professionali, scientifiche e tecniche (63%) e l’istruzione (54%) – e altre in cui la quota non supera il 10% (servizi di alloggio, sanità e assistenza sociale).

dati-smart-working

L’Istat ha osservato che, indipendentemente dall’ambito lavorativo, in confronto allo stesso periodo del 2019 il calo dell’occupazione è decisamente più contenuto proprio tra le professioni potenzialmente eseguibili da remoto (-0,4%) rispetto a quelle che non lo sono (-3,0%). Forse, lo smart working è un incentivo valido in tal senso: letteralmente significa “lavoro intelligente” e nasce proprio dall’assunto secondo cui un dipendente soddisfatto è più produttivo di uno che lavora in condizione di stress o insoddisfazione.

Il remote working soddisfa i dipendenti?

Secondo il policy brief  “Il lavoro da remoto: le modalità attuative, gli strumenti e il punto di vista dei lavoratori” condotto dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche pubbliche su un campione di più di 45000 intervistati dai 18 ai 74 anni, il 46% vorrebbe continuare a svolgere la propria attività in modo agile almeno un giorno a settimana, e quasi 1 lavoratore su 4 vorrebbe lavorare da remoto per tre o più giorni a settimana.

Secondo i dati del report dell’Istat sullo smart working – che ha dato esiti molto simili – quasi il 64% dei lavoratori ritiene che il lavoro da remoto generi isolamento e circa il 60% che danneggi i rapporti con i colleghi. Al contrario, è decisamente positiva la valutazione sulla libertà di organizzare il lavoro e gestire gli impegni familiari.

In quanto ai lavoratori che vorrebbero continuare parzialmente o totalmente a lavorare in smart working, oltre 1/3 degli occupati si sposterebbe in un piccolo centro e 4 persone su 10 si trasferirebbero in un luogo isolato. Inoltre, pur di lavorare da remoto, 1 lavoratore su 5 accetterebbe un’eventuale penalizzazione nella retribuzione. In un’intervista a Berardino D’Errico – co-founder del progetto Smartway – avevamo parlato del fenomeno dei remote worker, che potrebbero creare un nuovo filone del turismo sostenibile e proporre ai lavoratori non soddisfatti un modo per limare gli aspetti che sono percepiti più negativamente.

Le imprese

Per quanto riguarda la produttività delle imprese, i dati mostrano che il 14.5% delle grandi imprese (+50 dipendenti) ha dichiarato che lo smart working ha avuto un effetto positivo. Il 13,6% delle aziende che hanno dichiarato di non aver aumentato il personale dell’impresa ha poi affermato di essere in fase di acquisizione risorse. Tra i profili mancanti vengono indicati quelli relativi alla logistica e alla produzione.

Nonostante il lavoro agile sia stato utilizzato meno nella seconda metà del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020, le imprese sostengono che lo smart working apporta effetti positivi generalizzati, soprattutto sul benessere dei lavoratori.

Condividi su:
Sofia Greggio

Sofia Greggio

Sofia Greggio. Correttrice di bozze, editor e ghostwriter, ho seguito corsi di editoria come lettura professionale, scouting e consulenza editoriale e un master in scrittura creativa. Oltre al mondo dei libri, sono appassionata di civiltà orientali e infatti studio Antropologia all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici