Il 24 febbraio 2022 la Russia ha invaso l’Ucraina, dando il via a un conflitto sanguinoso che ha decimato i due schieramenti e ha causato la morte di oltre settemila civili.

Sebbene nell’ultimo anno l’intensificazione degli scontri sia aumentata, è importante ricordare che il conflitto trae le sue origini nel 2014, dopo che la rivoluzione di Maidan, a Kyiv, aveva portato alla destituzione del leader ucraino filo-russo Viktor Janukovyč, colpevole di aver stracciato un accordo di associazione con l’Unione Europea, ma soprattutto di aver dato vita a delle leggi liberticide e autoritarie.

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Putin definì la rivoluzione ucraina “un colpo di Stato incostituzionale e una presa del potere militare” e poco dopo, su richiesta di Sergej Aksenov, posto forzosamente dagli “omini verdi” (militari penetrati in Crimea, non formalmente associabili alla Russia) a capo del governo locale, ordinò di invadere e occupare militarmente la Crimea, penisola ucraina a maggioranza russofona, che Mosca riteneva minacciata dagli eventi in corso.

Alcune settimane dopo, in Crimea, venne indetto un referendum illegittimo, che consentì l’annessione della penisola alla Russia. Contestualmente, le regioni di Luhans’k e di Donec’k, nell’area orientale del Donbas, vennero occupate da Mosca, che in poco tempo, grazie all’operato delle proprie milizie paramilitari, riuscì a prenderne il controllo.

Alle origini della seconda invasione

Il Presidente della Russia Vladimir Putin ha lanciato l’invasione su larga scala dell’Ucraina nelle prime ore del 24 febbraio dello scorso anno, dopo aver ammassato per molti mesi, sul confine tra i due Paesi, truppe e mezzi militari e aver organizzato una serie di esercitazioni.  Nel discorso tenuto alla nazione, la mattina stessa dell’attacco, Putin ha descritto l’offensiva come un'”operazione militare speciale“, sostenendo che l’obiettivo dell’offensiva fosse quello di “smilitarizzare e de-nazificare l’Ucraina“.

Secondo il Cremlino, negli ultimi anni il governo ucraino aveva sottoposto i civili russofoni della regione orientale del Donbas a un “genocidio“. A questo proposito, pochi giorni prima dell’invasione, la Russia aveva riconosciuto l’indipendenza dall’Ucraina delle Repubbliche Popolari di Donec’k e Luhans’k e, contravvenendo al Memorandum di Budapest, che assicurava l’integrità e l’indipendenza territoriale dell’Ucraina, vi aveva inviato delle truppe a presidiarne il territorio.

Il presidente russo, inoltre, ha giustificato l’invasione adducendo il pretesto che la NATO, l’alleanza militare che riunisce gli Stati Uniti e gli alleati occidentali, stesse cercato di espandersi ulteriormente verso est, dopo che negli anni precedenti aveva accolto tra le sue fila alcuni Stati un tempo vicini all’Unione Sovietica, come i Paesi baltici, la Repubblica Ceca e la Polonia. L’adesione alla NATO di questi Stati e la promessa avanzata nel 2008 dai membri dell’alleanza, che in un imprecisato futuro si sarebbero resi disponibili ad accogliere un’eventuale richiesta di adesione dell’Ucraina, avrebbero contribuito a fomentare l’insicurezza russa.

I principali eventi del conflitto tra Russia e Ucraina

Come riporta Al Jazeera, all’inizio dell’invasione la Russia ha riversato sul suolo ucraino circa 200.000 soldati, che hanno conquistato vaste porzioni di territorio e si sono spinti verso Kyiv, senza però riuscire a conquistarla. Alla fine di marzo, infatti, i contrattacchi ucraini sono riusciti a respingere le truppe russe nel nord e nel sud del Paese. Qui i soldati di Kyiv hanno riconquistato terreno, rivelando le atrocità compiute dalle forze di occupazione in luoghi come Bucha, un sobborgo della capitale.

Costrette alla ritirata, le truppe di Mosca si sono riorganizzate nell’est dell’Ucraina, dove hanno cominciato una presunta “liberazione del Donbas”, nuovo obiettivo del Cremlino dopo il fallimento dell’offensiva iniziale. Nel corso dei mesi si sono susseguiti dei combattimenti lungo i fronti meridionali e orientali e alla fine di settembre Mosca si è mossa per annettere quattro territori parzialmente occupati: Donec’k, Luhans’k, Zaporizhzhia e Cherson, la quale, però è stata riconquistata dalle truppe ucraine a metà novembre.

Momentaneamente i due schieramenti sono impegnati in alcune sanguinose battaglie nell’est del Paese e l’Ucraina, sostenuta dalle forniture occidentali di armi, è riuscita a dare il via ad alcuni contrattacchi che le hanno permesso di riconquistare terreno.

Come riporta Affari Internazionali, però, è difficile ipotizzare un’intesa sulla sospensione delle ostilità, che attualmente non converrebbe né all’Ucraina, né alla Russia. Ancora meno probabile appare la prospettiva di un accordo stabile e duraturo fra Mosca e Kyiv, considerata la distanza tra i due Paesi sulla questione del futuro assetto dell’Ucraina. Lo scenario più verosimile, quindi, appare quello di un conflitto a minore intensità, destinato a durare a lungo, o di un congelamento della situazione sul terreno, magari accompagnato da una sospensione di fatto delle ostilità.

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Marzio Fait

Marzio Fait

Marzio Fait. Svolgo un progetto di servizio civile presso il Forum trentino per la pace. Ho partecipato come observer alla COP 27 e alla COP28. Mi occupo di attualità, di diritti umani e di giustizia climatica. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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