Rendere umana una delle malattie simbolo della nostra epoca, il cancro, proponendo una terapia che passi attraverso una specifica formazione del personale medico ed infermieristico che si occuperà di questi degenti. E’ questo l’obiettivo di HUCARE, uno tra i primi progetti al mondo di questo tipo per la cura delle malattie oncologiche, i cui risultati sono stati recentemente presentati al pubblico. Con un obiettivo finale: aumentare l’adesione alle cure dei pazienti, migliorando la loro salute psicosociale.

Accogliere meglio i degenti, formare con attenzione il personale medico ed ospedaliero, migliorare la qualità della comunicazione rivolta al paziente e ai suoi familiari: sono questi alcuni degli strumenti messi in campo da HUCARE, che vuol dire  “HUmanization of CAncer caRE”, cioè umanizzazione della cura del cancro. Oltre 700 i professionisti coinvolti e 29 le strutture impegnate, dal 2008, nella messa a punto del progetto. A cambiare profondamente è il modo in cui il paziente sarà ospitato nelle strutture ospedaliere: come spiega il prof. Rodolfo Passalacqua, primario di oncologia a Cremona e responsabile scientifico del progetto,  in ogni struttura selezionata “è presente uno psicologo a cui vengono indirizzati i malati colpiti da ansia e depressione”. E’questo, infatti,  uno dei problemi più importanti per chi ha questo tipo di patologia: il 34% dei malati oncologici è tormentato da stati d’animo negativi. Un problema che, è dimostrato, influenza negativamente la capacità di affrontare la malattia con coraggio. Grazie ad un corretto trattamento, i casi di ansia e depressione diminuiscono del 50%.

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Passalacqua continua affermando che “ad ogni paziente è assegnato un infermiere di riferimento che lo assiste nelle varie fasi della terapia fornendogli informazioni dettagliate”.

L’importante esempio di HUCARE ha già contagiato altri centri: sono già 30 le strutture che hanno chiesto di aderire al progetto.

Numerosi gli strumenti messi a punto dal HUCARE: migliorare la comunicazione tra medico e paziente, un argomento già da tempo oggetto di attenzione da parte del mondo medico, grazie alla partecipazione degli specialisti, non solo personale medico ma anche infermieristico,  ad appositi corsi per migliorarne le competenze comunicative e per facilitare il colloquio con i pazienti. Oltre alla comunicazione, grande importanza è data anche alla sfera psicosociale della malattia.

E’ la Lombardia ad ospitare la maggioranza delle strutture che offrono questo tipo di supporto ai malati: ben 22 i centri ospedalieri hanno raggiunto almeno 3 obiettivi del progetto. Le altre strutture sono a  Firenze, Fermo e Reggio Emilia.

Per approfondire: Le strutture ospedaliere che hanno ottenuto la certificazione


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Isabella Berardi

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No Comments

  • EMMA MENCARELLI ha detto:

    MIA MADRE E’ DECEDUTA IL 4 GENNAIO 2009 ED IO ANCORA NON MI RIPRENDO DAL DOLORE LEI HA AVUTO UN TUMORE AL PANCREAS E IN 3 MESI E’ ANDATA A ROMA AL FATEBENEFRATELLI UN’OTTIMO OSPEDALE LA DOTTORESSA QUANDO E’ STAT DIMESSA CI HA CONSIGLIATO DI PORTARLA IN UNA DELLE CASE DI CURA CHE OFFRONO O SIA NELLA STRUTTURA CHE A DOMICILIO L’AIUTO PER IL PERIODO FINALE COSIDETTO TERMINALE E IO QUANDO HO VISTO DOPO UN MESE CHE ERA TORNATA A CASA CHE COMINCIAVA A STARE TROPPO MALE HO CHIESTO QUSTO AIUTO DOMICILIARE E INFATTI L’AIUTO C’E’ STATO L’ISTITUTO ERA IL SACRO CUORE MA AL MOMENTO FINALE ANCHE SE GLI AVEVANO MESSO UN’AMPOLLA SULLA COSCIA CON LA MORFINA A LENTO RILASCIO NELLE ULTIME DUE ORA GRIDAVA DAL DOLORE QUINDI HO CHIESTO AL MEDICO SE POTEVA AUMENTARE LA DOSE E LUI HA DETTO CHE PER LEGGE NON SI PUO’ AUNEBTARE PIU’ DI UN TOT PERCHE’ ALTRIMENTI DIVENTA CAUSA DI DECESSO MA IO CREDO CHE BISOGNEREBBE VERAMENTE AIUTARE IL PAZIENTE E QUINDI AUMENTARE IL DOSAGGIO DELLA MORFINA , NON SO MA VEDERE TUA MADRE SOFFRIRE COSì è VERAMENTE ALLUCINANTE – GRAZIE