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Autismo: la ricerca passa anche dalla musica

Molti ricorderanno “Rain man”, film del 1988 con Tom Cruise e Dustin Hoffman, pluripremiato agli Oscar e in Europa. La storia è quella di due fratelli, uno dei quali, interpretato da Hoffman, affetto da autismo. Quelle situazioni, fatte di movimenti stereotipati e frasi stentate, sono però realtà per molte persone. Anche in Italia. Ma ora una nuovo progetto di ricerca americano ha dato risultati positivi, permettendo a sei bambini autistici, di età compresa tra i sei e gli otto anni, di articolare le loro prime parole.

Cinque giorni di esercizi per otto settimane per un totale di 40 sessioni individuali: un programma duro quello a cui si sono sottoposti i piccoli pazienti del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston, BIDMC, negli Stati Uniti. Il metodo, conosciuto come AMMT, Auditory-Motor Mapping Training, utilizza una combinazione di esercizi canori e di attività motorie per rafforzare una zona del cervello che si ritiene disfunzionale nel caso delle persone a cui è stato diagnosticato l’autismo. L’innovativo metodo punta sul dono, e sulla passione, che questi bambini hanno mostrato, in moltissimi casi, nel comprendere la musica.

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Il tentativo è quello di creare un metodo che possa veramente produrre dei risultati tangibili per i piccoli pazienti. Catherine Wan, (a sinistra nella foto, con una collaboratrice) ricercatrice al BIDMC e esperta di neurologia all’Harvard Medical School, ci ha raccontato “ E’stato stimato che circa il 25% dei bambini a cui è stato diagnosticato l’autismo siano non verbali ma, sorprendentemente, non ci sono molti trattamenti che possano aiutarli a parlare”. La Wan prosegue, affermando “abbiamo notato importanti miglioramenti nella produzione di parole e frasi già dopo due settimane dall’inizio trattamento”.

L’autismo è un disturbo dalle origini ancora incerte: le persone affette dalla patologia mostrano una marcata diminuzione dell’integrazione sociale e della comunicazione. La patologia è diffusa anche in Italia e  colpisce circa 360.000 persone, molte di più di chi soffre di celiachia, della sindrome di Down, della cecità e della sordità. Questo secondo i dati relativi all’anno 2010 della Fondazione Fantasia, una delle principali associazioni nazionali che si occupano delle persone che soffrono di autismo.

I risultati dell’AMMT sono confortanti non solo per gli scienziati: “Per questi bambini che non parlano, dire la prima parola è molto gratificante anche per i loro familiari e rappresenta un passo avanti nello sviluppo del loro linguaggio” conclude Catherine Wan.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista PLoS One.

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